martedì 30 giugno 2009

Lettering: guarda da vicino

Da quando offro i miei servigi alla ReNoir Comics mi è capitato di guardare da molto vicino diversi fumetti.
L’attività che mi ha permesso di farlo è stata il computer lettering, che ho appresso lavorando per una casa editrice di fumetti con uno standard di qualità grafica piuttosto elevato. Parlandone in giro anche con altri fumettisti, ho spesso notato l’aria interrogativa dei miei ascoltatori, così ho pensato che potesse essere interessante spiegarlo bene, e nel frattempo accennare ad alcuni di fumetti che sono fiera di aver letterato!

Il computer lettering è l’inserimento dei testi nei balloon scritti al computer e tramite applicativi specifici, come Indesign, Photoshop, QuarkXpress e Illustrator. In corrispondenza del balloon viene creata una casella di testo e all’interno di questa viene riportato il testo, in forma vettoriale (a parte alcune eccezioni per cui è necessario creare delle immagini). Contestualmente si sceglie un font, ovvero il tipo di carattere da adoperare – ci sono i font già presenti nel sistema operativo, i font che si scaricano da internet e i font che si acquistano. A quel punto, tutto si gioca sul modo di fare entrare il testo nel balloon. Oltre le dimensioni, l’interlinea e la distanza fra le singole lettere, ci sarebbero principi diversi a cui potersi riferire…
C’è il principio della coerenza con i disegni della tavola, di modo che lo stile del font si adegui il più possibile alla grafica del fumetto.
C’è il principio della coerenza con i balloon, di modo che i testi devono essere inseriti uniformando il più possibile la distanza con il bordo delle “nuvolette”.
C’è il principio della coerenza con i testi, per cui quando si va a capo si cerca di mantenere l’integrità delle parole e delle frasi, per esempio mettendo sempre a capo le congiunzioni, gli articoli e le preposizioni con le parole a cui si legano, o evitando il più possibile il trattino che spezza la parola.

Se un lettering viene inserito “a cacchio”, cioè senza rispettare nessuno o anche solo uno di questi principi, il lettore può rimanerne infastidito o affaticato man mano che prosegue nella lettura. Al contrario, se il lettering è ben fatto, la lettura prosegue così liscia e senza intoppi che il lettore neanche ci fa caso.

Nel frattempo, se si è abbastanza curiosi, mentre sfoglia e ingrandisce a dismisura le tavole sullo schermo del computer, il letterista può apprezzare i disegni o leggere la storia… alla fine, anche riuscire a conoscere il fumetto molto bene.

Di seguito, i tre fumetti che mi ha fatto più piacere in assoluto letterare.

“Amazing Joy Buzzards” di Dan Hipp e Mike Smith, di prossima pubblicazione per ReNoir. Proprio in questi giorni lo sto letterando, è una sfida ma mi sto divertendo un sacco: è un grande fumetto d’autore, di genere difficilmente definibile, come lo è il lettering originale americano a cui devo cercare di essere il più fedele possibile. Nel link in basso c’è una descrizione del volume con un’anteprima muta, ma io qui mostro una tavola letterata. Da notare:
1) Ben quattro font diversi!
2) I balloon rosa della seconda vignetta sono stati leggermente ruotati.
3) La scritta “Che ne dici?” è un’immagine costruita su Photoshop.
Link:
http://www.renoircomics.it/IT/CATALOGO/AJB.html

“Il mio diario assolutamente segreto” di Dee Shulman, che a metà giugno ha visto la luce con Mondadori. Tramite ReNoir, poco tempo fa, ne ho avuto in cura il lettering, in parte fatto anche a mano. Sembra di avere fra le mani un autentico diario segreto, pieno di colori, disegni e fumetti, arricchito perfino di fotografie, ritagli di giornale e incarti di caramelle. In questo caso, la sfida è stata simulare la calligrafia di una bambina di 12 anni.
Link:
http://www.ragazzi.mondadori.it/schedalibro/978880459037

“Perché ho ucciso Pierre” di Alfred, pubblicato da Tunuè. Quasi tutto il lettering è stato fatto al computer, simulando la calligrafia dell’autore. C’erano tanti balloon-didascalie di dimensione quadrata, ma ho dovuto variare spesso le dimensioni e la distanza fra le varie lettere. Anche in questo caso, è stato davvero piacevole lavorare ad un fumetto stupendo.
Link:
http://www.tunue.it/page.php?idArt=8324

lunedì 1 giugno 2009

Io inciampo

Chi ha camminato insieme a me per un po’ mi conosce molto bene sotto questo punto di vista: inciampo continuamente. A ben ragionare, succede soprattutto quando mi trovo in un posto nuovo, oppure sono un po’ stanca o ci sono parecchie cose in giro da vedere. Ad ogni modo, conosco bene la sensazione della paura di cadere, perché la sento tutte le volte che sta per succedere. Però, non l’avevo mai vissuta tanto intensamente come ieri, al Parco Nazionale di Val Grande, denominato “l'area selvaggia più vasta delle Alpi”, meta di una delle gitarelle di me e Giuseppe.
È iniziata lungo la strada per Cicogna, località letteralmente immersa nel Parco di Val Grande, frazione di Cossogno, a 720 metri sul livello del mare, con soli 17 abitanti: cinque chilometri in salita, curve curve, con lo spazio per una macchina in una strada a doppia corsia. Il lato del guidatore era a fianco della montagna, mentre il mio era affacciato sulla valle, ad un altezza senza possibilità di sopravvivenza ad una caduta. Ad un certo punto, siamo perfino passati sotto un tunnel con le pareti in pura roccia, senza cemento, luce, in pieno stile “wilderness” (la promozione del Parco è incentrata su questo aggettivo).
Dopo aver parcheggiato la macchina, da Cicogna siamo partiti per il sentiero natura denominato “Una storia d’acqua”, verso Pogallo. In realtà, non sapevamo bene cosa fosse Pogallo.
Ad ogni modo, non potevamo camminare mano per la mano. Percorrevamo il fianco ripido di una montagna. Il sentiero molto stretto vantava la stessa filosofia della strada per raggiungere Cicogna in macchina: a sinistra, puoi ammirare e pure toccare con mano la natura accanto a te, le rocce, gli alberi, i ruscelli… a destra, puoi ammirare ma non toccare, perché se ti sporgi troppo puoi cadere, rotolare e tutto il resto. E difatti, lungo il cammino abbiamo riscontrato la presenza di alcune lapidi, nativi della zona. Mi sono immaginata che doveva trattarsi di persone che avevano lavorato per costruire quell’impervio sentiero.
Giuseppe camminava davanti a me e mi avvertiva in anticipo se il terreno era fangoso o se c’era stata una frana, e le sue espressioni di meraviglia precedevano sempre le mie. Pian piano la mia fifoneria si è mitigata. E ho iniziato a godermi il paesaggio meraviglioso, con il verde immenso e in gran parte probabilmente inaccessibile della valle, attraversato spesso da ruscelli e cascate.
Al termine del nostro sentiero natura abbiamo scoperto Pogallo, raggiungibile dopo 1 ora e mezza di cammino, necessariamente a piedi: all’improvviso, si è aperta una vasta pianura con l’erba alta e un minuscola località composta da deliziose piccole baite e alcune casupole in rovina qua e là.
Al ritorno, ho insistito per camminare io davanti. Sentivo Giuseppe ridere, mentre mi diceva che era impressionante vedermi inciampare da dietro, ogni dieci secondi. E tuttavia, non cadere mai.