martedì 24 giugno 2008

InSveziaSposi


È appena trascorsa una settimana di buoni propositi in cui tutti i giorni mi sono detta:
“Devo scrivere un post sul matrimonio di Stoccolma!!!”.
Ed eccomi qui. Anche se con il mio consueto ritardo, ne vale assolutamente la pena…
Innanzitutto, allego il famoso biglietto-fumetto di auguri al completo. È stato il primo regalo che gli sposi hanno aperto, e sono venuti a cercarmi subito perché ne erano felicissimi. Poi mi sono accorta che non lo avevano ancora letto…
…A parte questo, è stato davvero il matrimonio del secolo.
L’affetto ha portato tanti catanesi ad andare fino a Stoccolma, e per nessuno è stata una passeggiata. Quattro ragazzi hanno viaggiato in camper da Bologna e sono venuti a prenderci all’aeroporto, a 100 km da Stoccolma, a mezzanotte. Una nostra amica, Agata, ha fatto un lungo viaggio a tappe partendo dal Mali. Tre catanesi trapiantati a Madrid, tra cui mia sorella Veronica, hanno fatto scalo a Francoforte e ci sono rimasti per parecchie ore. La maggior parte dei catanesi sono venuti partendo da Trapani: tra questi la mia migliore amica, mia cugina Francesca, che non aveva mai preso l‘aereo e ha dovuto superare le sue paure, ma soprattutto è venuto al matrimonio il nonno di Giuseppe De Francisco, che ha ben 96 anni e soffre di cuore.
Del ceppo degli amici e parenti dello sposo c’era anche Caroline, tedesca by Berlino, e la splendida Flavia che arrivava dal Perù.

A Stoccolma non era mai notte, l’ora più buia era verso l’una, e sembrava un tardo tramonto. Verso le due iniziava ad albeggiare. Era straordinario. Ad alcuni di noi faceva strano, a me invece piaceva molto, sembrava far parte di una giornata infinita… a cui si è aggiunto comunque il fatto che per tre giorni non ho dormito quasi per niente. Architettonicamente la città era uno spettacolo, perché costruita su alcune isole collegate da ponti, e molto all’avanguardia: un esempio di civiltà, ordine e organizzazione. Uao.
Gli svedesi erano di una bellezza e di una statura molto sopra la media, ogni giorno incontravo per strada almeno una dozzina di ragazzi che facevano straboccare gli occhi, ma le ragazze erano ancora più belle. Incoraggiavo i miei amici a farsi le fotografie con loro…
Nei bar, servivano vero caffè come lo facciamo noi italiani, e lo chiamavano proprio nella lingua originale, “espresso”, “caffellatte”… e noi ne lo apprezzavamo molto.
Mi ha colpito la forza dell’avvenimento, tale da metterci tutti insieme a Stoccolma. Per contrasto, io e Giuseppe avevamo avuto un feroce litigio proprio prima della partenza per Stoccolma: ero così indignata che ho tenuto le distanze anche nei due giorni successivi, e avevo intenzione di continuare finchè lui non si fosse scusato: eppure, il giorno del matrimonio, un’inspiegabile grazia divina mi ha spinto a fare pace. Non so cos’è stato… potrei chiamarla la “sensazione da matrimonio Stoccolma-Catania”, e non si trattava del classico peace&love. Con tutti quei catanesi, gli amici italiani e non, i concittadini che ho conosciuto per la prima volta in Svezia, dopo aver dormito con loro in una camerata d’ostello, a passare le notti in bianco, a cercare da mangiare, a ripararsi dalla pioggia improvvisa, a dare consigli per l’abito della cerimonia, a fare commenti sulle bellezze svedesi, ad rimanere senza un taxi alle tre e mezza di notte e a fare l’autostop con il cielo luminoso e sorprendente… qualcosa mi ha sfiorato.

La cerimonia si è svolta il sabato 14 giugno alle 17 in punto, in una chiesa piccola ma graziosa, ed io sono arrivata in ritardo assieme ad altre dieci persone. Giuseppe De Francisco e Maria Akerlund parlavano in svedese, e a tratti, durante le varie tappe della messa, si voltavano di fronte ai presenti. Dopo, Giuseppe De Francisco non credeva lui stesso che si era sposato e che fosse il marito di Maria, e durante gli abbracci mi sono commossa, e non ero l’unica.
È venuto a prenderci un autobus a due piani per condurci al ricevimento degli sposi. I tavoli erano misti, e hanno perfino separato le coppie. Al tavolo degli sposi c’era il toast master, con il compito di suonare un corno e annunciare i “discorsi”: ce ne sono stati una decina, in lingua italiana, svedese e inglese, con o senza la traduzione. Singoli o in gruppo. C’è stato qualcuno che ha cantato per loro. I miei amici catanesi hanno proiettato dei video realizzati a Catania, tra cui uno dentro la fiera, in cui si chiedeva ai più svariati personaggi di dire “auguri e buona fortuna” in svedese agli sposi Maria e Giuseppe. Ogni quindici minuti c’era una pausa sigaretta sotto il portico promossa dai catanesi, e solo durante una delle ultime si sono uniti a noi dei fumatori svedesi. E poi, ci siamo scatenati nel ballo…
Gli svedesi erano in parte disgustati e in parte affascinati dai catanesi. Alcuni catanesi dicevano che le nostre ragazze in fondo sono più allegre e interessanti, ma alla fine della serata, una di loro ha invitato a casa uno dei nostri e lui non si è mica schifato della proposta.
…L’indomani, morti di sonno, siamo approdati a casa dei genitori della sposa con tutte le nostre valigie prima di ritornare in Italia. Abbiamo rivisto un po’ di gente per l’ottimo brunch, sotto la bandiera della Svezia che sventolava sopra le nostre teste, in giardino, e ho mangiato pesce di fiume, formaggi, patate, uova, dolci… delle brelibatezze, servite con tanta cordialità e gentilezza. Alla fine, è venuto Giuseppe De Francisco da me e la mia dolce metà, e ci ha detto qualcosa del tipo“Tra un minuto perdete l’autobus. Se lo perdete io sono felice. Comunque se state ancora qui lo perdete…”
E così siamo fuggiti correndo via da Stoccolma. E mentre fuggivamo, parlavamo ancora di questo matrimonio. E ancora, oggi, lo racconto… e mi sembra di non aver mai finito di raccontare tutto.

mercoledì 11 giugno 2008

Storie di amorini


Domani pomeriggio io e Giuseppe partiamo per Stoccolma e torneremo domenica.
Si tratta del famoso viaggio per il matrimonio dei nostri amici Giuseppe De Francisco e Maria Åkerlund, un catanese e una svedese.


Per il dono di nozze, io e il mio Giuseppuzzo siamo “aggregati” a un gruppo di una dozzina di compaesani, da cui ho ricevuto l’incarico di realizzare un biglietto-fumetto di auguri per i promessi sposi.
Si tratta di un fumetto di ben 14 vignette, realizzato in una pagina A3. La storia l’ho inventata insieme a Giuseppe: si intitola “Storie di amorini”, è disegnata in stile manga-deformed.

Ne allego qui le prime tre vignette, spero che quando torneremo da Stoccolma metterò on line il resto della storia.

A parte il fatto che la settimana prossima ho gli esami del corso di grafica e non sto trovando il tempo per studiare, mi sto divertendo un mondo con questo fumetto…