domenica 18 marzo 2012

Tappeto rosso

“Vedrai” mi aveva predetto Giuseppe “che riceveremo tante di quelle attenzioni che neppure ti immagini!”.

Non è che io non ci credessi, solo che, effettivamente, non riuscivo a immaginare una cosa simile. Aggiungiamo anche il fatto che negli ultimi tempi ho avuto più di un motivo per essere giù di morale e le piccole ansie quotidiane hanno cominciato a manifestarsi fisicamente con dei pungenti dolorini al ventre… Così, il mattino del 15 marzo mi sono alzata dal letto sforzandomi di sembrare contenta, quando invece era difficile perfino farmi sorridere.


Il nostro viaggio si è articolato col passaggio attraverso tre Paesi diversi: da Milano Orio al Serio, io e Giuseppe abbiamo volato fino in Belgio; dall’aeroporto di Bruxelles Chaleroi siamo saliti su un autobus che, duecento chilometri dopo, ci ha portati in Lussemburgo, e da qui ci siamo spostati in auto per un’altra cinquantina di chilometri, fino a Maizières-lès-Metz, in Francia.


Il primo vero sorriso che ho fatto è stato sull’aereo, mentre stavo disegnando uno storyboard. Dopo parecchie difficoltà nel tenere in mano matita, gomma e foglio nel ridotto spazio che avevo a disposizione, sono riuscita a concludere una vignetta in cui uno dei personaggi storce volutamente il viso in una smorfia. “Amazing!” ha esclamato una voce sopra la mia testa. E quando ho alzato lo sguardo, ho incrociato il viso divertito di una hostess. Ha ripetuto l’esclamazione con entusiasmo, fino a farmi sentire imbarazzata. Ho sorriso anch’io, ringraziando.


Il secondo vero sorriso della giornata è scattato nel momento in cui ho preso in mano il cornet de frites, uno straordinario cono pieno di patatine calde, fragranti e corpose, da portare alla bocca con una forchettina di legno: cioè, lo stesso cartoccio era magnifico, con il “portasalse”

incorporato e i buchini sul cartone per la traspirazione del calore, affinché le patatine non perdano la loro vigorosità. È stato il pranzo che ho consumato all’uscita dall’aeroporto di Bruxelles Chaleroi, in attesa dell’autobus per il Lussemburgo. Io e Giuseppe abbiamo preso un cornet per uno, e per il resto della giornata non ho percepito le fitte nervose al ventre.


Per arrivare in Lussemburgo, sapevamo che ci attendeva un viaggio di circa due ore e mezza in autobus. Ero così rilassata che mi sono persa un episodio che invece ha giustamente procurato a Giuseppe un gran mal di testa. Due file di sedili dietro di noi, un signore finlandese si era già fatto notare per aver attaccato briga con l’autista: il colorito del suo viso faceva pensare che fosse ubriaco, si lamentava del fatto che sull’autobus il bagno fosse rotto e parlava al cellulare a voce alta, in inglese. Ad un certo punto l’autista ha acconsentito ad una breve sosta, e lui ha fatto pipì in mezzo ad una piazzola, senza nascondersi da tutti gli altri passeggeri.

Tornato sull’autobus, ha continuato a disturbare con le sue telefonate che si susseguivano una dopo l’altra. Allorché Giuseppe gli ha chiesto gentilmente:

- Excuse me, mister. Could you speak not so loud, please?

Il tipo gli ha risposto facedogli delle boccacce. Arrogante, maleducato, vigliacco, quegli occhi piccoli sul viso rosso, i suoi lineamenti… In effetti faceva pensare a un maiale.

- Are you stupid? – gli ha chiesto calmo Giuseppe togliendosi gli occhiali da sole – I don’t think so. You’re disturbing all the people in this bus because of your loud voice. Stop, please!

Il “porco” – così definito da Giuseppe, che ha la grande capacità di azzeccare i soprannomi - ha concluso la sua telefonata e poi in effetti ha smesso. Ma io non mi sono resa conto di nulla perché ho dormito per circa metà del viaggio. Quando siamo arrivati in Lussemburgo, alla fermata precedente la Gare de Luxembourg, il “porco” si è alzato a fare due passi, e al ritorno ha cominciato di nuovo a provocare, avvicinandosi molto a Giuseppe e chiedendogli con quel suo tono arrogante e a modo suo minaccioso: - Where do you come from?

Giuseppe lo ha completamente ignorato. Io lo fissavo. Eravamo entrambi molto calmi. Non so cosa sarebbe successo se avesse avuto la stupidità di mettergli un dito addosso. Chi sarebbe scattato prima addosso al porco, io o lui?


Poco dopo le 17 siamo arrivati alla Gare Centrale di Lussemburgo. Ad accoglierci, le splendide Luisa Spagnolli e Julia della Libreria Italiana. È stato grazie all’interesse e alla professionalità di Luisa che il libro è arrivato nelle mani di Alphonse Romano, presidente dell'associazione "A.C.F.I. - Amitié et Culture France-Italie", che organizza l'ITALIRE. Assieme a loro siamo arrivati a Maizièrez-lès-Metz, in Francia…


Al nostro arrivo alla Mediateca Georges Brassens di Maizièrez-lès-Metz io e Giuseppe abbiamo ricevuto una seconda accoglienza, da parte di Alphonse Romano, presidente dell’associazione "A.C.F.I. - Amitié et Culture France-Italie", che organizza l'ITALIRE, quest’anno con 15 giorni dedicati ai personaggi e agli autori di fumetti italiani. All’interno della mediateca era stata allestita una mostra che ripercorreva 100 anni del fumetto italiano, e accanto ad autori come Lorenzo Mattotti e Guido Crepax c’erano alcune cornici che esponevano anche delle tavole di “Dove la terra brucia”, con un dettagliato approfondimento scritto in francese: trasparivano l’entusiasmo, la passione, la meticolosità degli organizzatori, e ne siamo stati davvero lusingati. Tutti ci erano grati per essere venuti dall’Italia, erano curiosissimi del nostro lavoro e ci sommergevano di attenzioni… Non capita tutti i giorni – anzi, non mi era mai capitato prima – di sentirmi tanto apprezzata.

All’ITALIRE partecipavano diversi tipi di persone legate all’Italia. Alcuni presenti erano di origini italiane, come il Console Marco Tornetta e i suoi collaboratori. Ma la maggior parte erano tutti nati in Francia da genitori italiani in seconda o terza generazione, emigrati dal Meridione o dal Veneto, e a riprova di questo i loro nomi erano francesi: Anne-Marie, Aline, Yves... Alcuni parlavano perfettamente la lingua italiana, altri preferivano parlare in francese.

Ricordo la storia di Alphonse Romano: è nato a Maizièrez-lès-Metz da genitori siciliani appena stabiliti in Francia, per questo dice spesso “concepito a Palermo e nato in Francia”.

Ricordo anche la storia della nostra traduttrice, Ornella Hahn-Piccirillo: laureata in Italia, dottoressa in legge e giurisprudenza, ha conosciuto suo marito francese durante una vacanza e sposandosi vive in Francia.

Infine, alcune persone di diversa origine sono venuti alla manifestazione perchè amano l’Italia e gli italiani : francesi de souche come Christian Schaack, il fotografo, e Philippe Poivret, polacchi come Gilbert Adamczyk, slovacchi come Stéphane Marcinka...

I loro sguardi mi commuovevano. Guardavano me e Giuseppe con ammirazione, ma probabilmente anche con un po’ di tenerezza per le comuni origini e di gratitudine per aver permesso, solo con la nostra presenza, di ravvivare in loro la cultura e la lingua italiana.

Durante la presentazione del libro, condotta da Luisa Spagnolli, io e Giuseppe ci siamo trovati di fronte alla necessità di dover essere tradotti man mano che parlavamo. Dovevamo pertanto discorrere con frasi brevi e coincise, e mi sono stupita di come Giuseppe si sia adattato perfettamente alla situazione. Io, invece, ho cominciato a sentire una specie di vuoto nel cervello, come se mi avessero rinchiuso i pensieri da qualche parte: quando mi hanno rivolto le prime domande, se ne sono accorti tutti. Alle risposte telegrafiche, susseguivano degli inaspettati silenzi. Fortuna che Giuseppe e Luisa, con la loro sensibilità, siano accorsi in mio aiuto… Al termine dell’incontro, ad una delle domande del pubblico, Giuseppe ha risposto in francese: lì, un fragoroso applauso da parte di tutti i presenti mi ha fatto sorridere di nuovo.

Al termine della presentazione è seguito le verre de l’amitié, un bicchiere di spumante accompagnato da pan brioche e salatini. Mi sono sistemata a un tavolo per le dediche e ho cominciato a disegnare… A quanto pare, i miei lunghi silenzi non avevano causato danno irreparabile: tutte le copie del libro sono state vendute e, attorno al tavolo, ancora una volta ero circondata da persone che mi dimostravano la loro curiosità rivolgendomi domande di tutti i tipi e sguardi sorridenti e benevoli. Prima di andare a cena, ho disegnato su un grande foglio d’album (la prima volta in vita mia, ma me la sono cavata!) il volto di Maria Grazia Cutuli.

La serata è proseguita piacevolmente in un ristorante d’albergo. Io e Giuseppe abbiamo finito di dedicare gli ultimi libri e abbiamo risposto ancora agli interrogativi su noi e il nostro lavoro. Nel frattempo ci siamo divertiti ad ascoltare le storie dei nostri ospiti con la loro straordinaria parlantina, che passava dal francese perfetto all’intercalare siciliano e napoletano. Abbiamo riso di cuore.


Solo ogni tanto io e Giuseppe ci ritrovavamo da soli a fumarci una sigaretta insieme… Allora ci guardavamo negli occhi, ridevamo, ci scambiavamo le battute:

“Mancava solo il tappeto rosso”

“Siamo le star”

“Un trionfo”


Abbiamo passato la notte in Lussemburgo, all’auberge “La Veranda”, un ristorante-albergo (una soluzione turistico-ricettiva meno comune in Italia) gestito da italiani. Al mattino, ci siamo incamminati verso la Gare de Luxembourg e abbiamo fatto in tempo per una breve passeggiata nei dintorni. Siamo arrivati fino al Viaduc, il ponte vecchio, ed è stato allora che mi si è mostrata una prima spettacolare vista della città con le sue forme inconsuete: la roccaforte a strapiombo, attorniata dalle vallate naturali rigate da percorsi d’acqua e, in fondo ad esse, la città bassa.

Dispiace non essere riusciti a vedere di più, ma ci ritorneremo il 4 e il 5 maggio per altre presentazioni di “Dove la terra brucia”, con qualche ora di tempo libero a nostra disposizione. E pare che, questa volta, parleremo esclusivamente nella nostra lingua (non per nulla, a Lussemburgo ci sono più di ventiduemila italiani iscritti all’AIRE - Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero).

Con altri disegni…

venerdì 2 marzo 2012

Cavia