lunedì 31 dicembre 2012
lunedì 19 novembre 2012
Confusione di date
domenica 4 novembre 2012
Turisti a Lucca Comics


A loro sono state rivolte poche domande, a cui rispondevano a turno. Dal pubblico, gli è stato chiesto quale fosse “la più grande difficoltà che avessero mai affrontato come autore di fumetti, in tutta la loro carriera”. Le risposte sono state sorprendenti e divertenti. Barbara Canepa ha raccontato di tutti i “no” che le rifilavano le case editrici, le espressioni di disgusto da parte di alcuni editori e i momenti di solitudine di questo mestiere di misantropi, e invitava i fumettisti fra il pubblico (di certo, ce ne dovevano essere tanti altri come me) a non scoraggiarsi mai. Di contro, Jim Lee ricordava con nostalgia i periodi precedenti al suo esordio, quando si impegnava tantissimo per trovare la propria strada, mentre il più piccolo incoraggiamento da parte di un editore portava l’estasi e il batticuore che non torneranno mai più.
Adesso li guardo e già penso a qualcos'altro. Ad occhio e croce, mi chiedo se riempirebbero un altro mezzo scatolone, e quanti kg possano pesare…
martedì 22 maggio 2012
La primavera digitale del fumetto




domenica 13 maggio 2012
La primavera digitale
martedì 8 maggio 2012
Per i ventitré mila italiani di Lussemburgo

giovedì 3 maggio 2012
In Lussemburgo, da domani...
Riccioli

domenica 22 aprile 2012
Quando ci metti la faccia...
lunedì 16 aprile 2012
Nuvole di confine

Un onore. Un entusiasmo incontenibile. Un piacere. Un ampio sorriso. Una sorpresa. Un gongolamento continuo.
Il nostro libro “Dove la terra brucia” ha dato a me e Giuseppe l’opportunità di partecipare col nostro lavoro a una mostra di fumetto internazionale, davvero degna di nota: “Nuvole di confine – Graphic Journalism. L’arte del reportage a fumetti” presso il Museo Internazionale dell’Umorismo e della Caricatura di Tolentino (MC) dal 14 aprile al 16 settembre 2012.
Sabato 14 aprile è stata inaugurata la mostra, e io e Giuseppe eravamo a Tolentino insieme agli altri autori di reportage a fumetti: Marco Corona, Guy Delisle, Vincenzo Filosa, Sarah Glidden, Lamia Zaidé e Aleksandar Zograf (mancava solo Josh Neufeld).
La gioia è esplosa a più riprese… Quando ho ammirato l’allestimento delle mie tavole a fumetti, quando ho visto il booktrailer che girava in loop su una delle pareti del museo, quando ho scoperto la locandina con “Cannatella” in prima fila (la fortuna dell’ordine alfabetico), quando ho letto i nostri nomi anche sulla mappa del mondo gigante all’ingresso del Palazzo Sangallo, sotto il nostro Paese di riferimento, “AFGHANISTAN”.
Tante persone sono venute a congratularsi con me e Giuseppe per il nostro reportage, convinte che fossimo andati personalmente in Afghanistan. Al pensiero di quel fraintendimento, all’inizio mi sono trovata in difficoltà... L’agognato viaggio in Afghanistan è uno degli aneddoti che raccontiamo spesso durante le presentazioni del libro, e occorre spiegarlo per bene. Durante la fase di ricerca e documentazione di “Dove la terra brucia”, avevo proposto a Giuseppe questo viaggio, e dopo parecchie difficili discussioni, ero riuscita a vincere la sua resistenza. Ci eravamo così rivolti a Donata Cutuli, che aveva apprezzato le nostre intenzioni, e pur tuttavia le aveva immediatamente smontate con le seguenti argomentazioni:
- C’è una lista lunga un chilometro di persone che chiedono di entrare in Afghanistan.
- Non è possibile per gli italiani visitare i territori di nostro interesse, ovvero le regioni di Narghahar e Kabul, dove Maria Grazia Cutuli trascorse l’autunno del 2001. La regione a cui avremmo potuto accedere, Herat, è da tutt’altra parte ed è molto diversa.
- Ammesso che saremmo potuti arrivare a Herat, non ci avrebbero fatto mettere fuori il naso dalle basi militari italiane.
- Prima di recarsi in Afghanistan, è obbligatorio stipulare un’assicurazione sulla vita (dai 15.000 ai 20.000 euro).
… riferendo queste argomentazioni ai nostri interlocutori a Tolentino, però, abbiamo avuto reazioni inaspettate. Si congratulavano comunque con noi, perché l’impressione era che il nostro sguardo sull’Afghanistan fosse sincero e molto vicino alla realtà. Io rimango dell’opinione che sarebbe stato diverso, se fossimo riusciti davvero ad andare sul posto. Ma in fondo, il nostro compito era fare emergere lo sguardo di Maria Grazia Cutuli, e per questo ci siamo fatti guidare dai suoi articoli, abbiamo ascoltato le testimonianze di chi la accompagnava in quei giorni e abbiamo recuperato le fotografie e i video che ritraevano lei, le persone, il Paese, gli eventi.
Alla fine, mi sono sentita lusingata, ma senza prendermi troppo sul serio, ovviamente. Ci scambiavamo battute con Giuseppe e gli altri autori ospiti che ci chiamavano “I massimi esperti dell’Afghanistan”, e si rideva.
Anche il confronto con gli altri autori è stato un importante motivo per cui essere felice. L'approccio al linguaggio del fumetto e la conseguente traduzione in immagini, a volte molto diversi dai miei, mi ha permesso di riflettere ancora una volta sulla capacità infinita del fumetto di adattarsi e di dare voce ad esperienze e scelte di vita uniche e affascinanti. Senza contare quanto sia emozionante, semplicemente vedere le tavole a fumetti in mostra, e poi la persona che le ha realizzate, in carne e ossa. Con tutti loro è stato davvero un piacere chiacchierare o parlare una seconda volta - dopo la prima a Lucca - e in alcuni casi, amore incondizionato.
L’esperienza a Tolentino regala a me e Giuseppe maggiore sicurezza in noi stessi e nuovi bozzoli di idee per progetti futuri, riconfermando una volontà di lavorare ancora insieme. Ne parli
amo a lungo, e sono felice che di certo ne parleremo ancora…
Tutto questo, sotto una piogge incessante, il cielo coperto di nuvole, le strade in certi momenti impraticabili, un lungo viaggio in macchina. Ma lo ribadisco: gongolo.
domenica 18 marzo 2012
Tappeto rosso
Non è che io non ci credessi, solo che, effettivamente, non riuscivo a immaginare una cosa simile. Aggiungiamo anche il fatto che negli ultimi tempi ho avuto più di un motivo per essere giù di morale e le piccole ansie quotidiane hanno cominciato a manifestarsi fisicamente con dei pungenti dolorini al ventre… Così, il mattino del 15 marzo mi sono alzata dal letto sforzandomi di sembrare contenta, quando invece era difficile perfino farmi sorridere.

Il nostro viaggio si è articolato col passaggio attraverso tre Paesi diversi: da Milano Orio al Serio, io e Giuseppe abbiamo volato fino in Belgio; dall’aeroporto di Bruxelles Chaleroi siamo saliti su un autobus che, duecento chilometri dopo, ci ha portati in Lussemburgo, e da qui ci siamo spostati in auto per un’altra cinquantina di chilometri, fino a Maizières-lès-Metz, in Francia.
Il primo vero sorriso che ho fatto è stato sull’aereo, mentre stavo disegnando uno storyboard. Dopo parecchie difficoltà nel tenere in mano matita, gomma e foglio nel ridotto spazio che avevo a disposizione, sono riuscita a concludere una vignetta in cui uno dei personaggi storce volutamente il viso in una smorfia. “Amazing!” ha esclamato una voce sopra la mia testa. E quando ho alzato lo sguardo, ho incrociato il viso divertito di una hostess. Ha ripetuto l’esclamazione con entusiasmo, fino a farmi sentire imbarazzata. Ho sorriso anch’io, ringraziando.

Il secondo vero sorriso della giornata è scattato nel momento in cui ho preso in mano il cornet de frites, uno straordinario cono pieno di patatine calde, fragranti e corpose, da portare alla bocca con una forchettina di legno: cioè, lo stesso cartoccio era magnifico, con il “portasalse”
incorporato e i buchini sul cartone per la traspirazione del calore, affinché le patatine non perdano la loro vigorosità. È stato il pranzo che ho consumato all’uscita dall’aeroporto di Bruxelles Chaleroi, in attesa dell’autobus per il Lussemburgo. Io e Giuseppe abbiamo preso un cornet per uno, e per il resto della giornata non ho percepito le fitte nervose al ventre.
Per arrivare in Lussemburgo, sapevamo che ci attendeva un viaggio di circa due ore e mezza in autobus. Ero così rilassata che mi sono persa un episodio che invece ha giustamente procurato a Giuseppe un gran mal di testa. Due file di sedili dietro di noi, un signore finlandese si era già fatto notare per aver attaccato briga con l’autista: il colorito del suo viso faceva pensare che fosse ubriaco, si lamentava del fatto che sull’autobus il bagno fosse rotto e parlava al cellulare a voce alta, in inglese. Ad un certo punto l’autista ha acconsentito ad una breve sosta, e lui ha fatto pipì in mezzo ad una piazzola, senza nascondersi da tutti gli altri passeggeri.
Tornato sull’autobus, ha continuato a disturbare con le sue telefonate che si susseguivano una dopo l’altra. Allorché Giuseppe gli ha chiesto gentilmente:
- Excuse me, mister. Could you speak not so loud, please?
Il tipo gli ha risposto facedogli delle boccacce. Arrogante, maleducato, vigliacco, quegli occhi piccoli sul viso rosso, i suoi lineamenti… In effetti faceva pensare a un maiale.
- Are you stupid? – gli ha chiesto calmo Giuseppe togliendosi gli occhiali da sole – I don’t think so. You’re disturbing all the people in this bus because of your loud voice. Stop, please!

Il “porco” – così definito da Giuseppe, che ha la grande capacità di azzeccare i soprannomi - ha concluso la sua telefonata e poi in effetti ha smesso. Ma io non mi sono resa conto di nulla perché ho dormito per circa metà del viaggio. Quando siamo arrivati in Lussemburgo, alla fermata precedente la Gare de Luxembourg, il “porco” si è alzato a fare due passi, e al ritorno ha cominciato di nuovo a provocare, avvicinandosi molto a Giuseppe e chiedendogli con quel suo tono arrogante e a modo suo minaccioso: - Where do you come from?
Giuseppe lo ha completamente ignorato. Io lo fissavo. Eravamo entrambi molto calmi. Non so cosa sarebbe successo se avesse avuto la stupidità di mettergli un dito addosso. Chi sarebbe scattato prima addosso al porco, io o lui?
Poco dopo le 17 siamo arrivati alla Gare Centrale di Lussemburgo. Ad accoglierci, le splendide Luisa Spagnolli e Julia della Libreria Italiana. È stato grazie all’interesse e alla professionalità di Luisa che il libro è arrivato nelle mani di Alphonse Romano, presidente dell'associazione "A.C.F.I. - Amitié et Culture France-Italie", che organizza l'ITALIRE. Assieme a loro siamo arrivati a Maizièrez-lès-Metz, in Francia…
Al nostro arrivo alla Mediateca Georges Brassens di Maizièrez-lès-Metz io e Giuseppe abbiamo ricevuto una seconda accoglienza, da parte di Alphonse Romano, presidente dell’associazione "A.C.F.I. - Amitié et Culture France-Italie", che organizza l'ITALIRE, quest’anno con 15 giorni dedicati ai personaggi e agli autori di fumetti italiani. All’interno della mediateca era stata allestita una mostra che ripercorreva 100 anni del fumetto italiano, e accanto ad autori come Lorenzo Mattotti e Guido Crepax c’erano alcune cornici che esponevano anche delle tavole di “Dove la terra brucia”, con un dettagliato approfondimento scritto in francese: trasparivano l’entusiasmo, la passione, la meticolosità degli organizzatori, e ne siamo stati davvero lusingati. Tutti ci erano grati per essere venuti dall’Italia, erano curiosissimi del nostro lavoro e ci sommergevano di attenzioni… Non capita tutti i giorni – anzi, non mi era mai capitato prima – di sentirmi tanto apprezzata.

All’ITALIRE partecipavano diversi tipi di persone legate all’Italia. Alcuni presenti erano di origini italiane, come il Console Marco Tornetta e i suoi collaboratori. Ma la maggior parte erano tutti nati in Francia da genitori italiani in seconda o terza generazione, emigrati dal Meridione o dal Veneto, e a riprova di questo i loro nomi erano francesi: Anne-Marie, Aline, Yves... Alcuni parlavano perfettamente la lingua italiana, altri preferivano parlare in francese.
Ricordo la storia di Alphonse Romano: è nato a Maizièrez-lès-Metz da genitori siciliani appena stabiliti in Francia, per questo dice spesso “concepito a Palermo e nato in Francia”.
Ricordo anche la storia della nostra traduttrice, Ornella Hahn-Piccirillo: laureata in Italia, dottoressa in legge e giurisprudenza, ha conosciuto suo marito francese durante una vacanza e sposandosi vive in Francia.
Infine, alcune persone di diversa origine sono venuti alla manifestazione perchè amano l’Italia e gli italiani : francesi de souche come Christian Schaack, il fotografo, e Philippe Poivret, polacchi come Gilbert Adamczyk, slovacchi come Stéphane Marcinka...
I loro sguardi mi commuovevano. Guardavano me e Giuseppe con ammirazione, ma probabilmente anche con un po’ di tenerezza per le comuni origini e di gratitudine per aver permesso, solo con la nostra presenza, di ravvivare in loro la cultura e la lingua italiana.
Durante la presentazione del libro, condotta da Luisa Spagnolli, io e Giuseppe ci siamo trovati di fronte alla necessità di dover essere tradotti man mano che parlavamo. Dovevamo pertanto discorrere con frasi brevi e coincise, e mi sono stupita di come Giuseppe si sia adattato perfettamente alla situazione. Io, invece, ho cominciato a sentire una specie di vuoto nel cervello, come se mi avessero rinchiuso i pensieri da qualche parte: quando mi hanno rivolto le prime domande, se ne sono accorti tutti. Alle risposte telegrafiche, susseguivano degli inaspettati silenzi. Fortuna che Giuseppe e Luisa, con la loro sensibilità, siano accorsi in mio aiuto… Al termine dell’incontro, ad una delle domande del pubblico, Giuseppe ha risposto in francese: lì, un fragoroso applauso da parte di tutti i presenti mi ha fatto sorridere di nuovo.
Al termine della presentazione è seguito le verre de l’amitié, un bicchiere di spumante accompagnato da pan brioche e salatini. Mi sono sistemata a un tavolo per le dediche e ho cominciato a disegnare… A quanto pare, i miei lunghi silenzi non avevano causato danno irreparabile: tutte le copie del libro sono state vendute e, attorno al tavolo, ancora una volta ero circondata da persone che mi dimostravano la loro curiosità rivolgendomi domande di tutti i tipi e sguardi sorridenti e benevoli. Prima di andare a cena, ho disegnato su un grande foglio d’album (la prima volta in vita mia, ma me la sono cavata!) il volto di Maria Grazia Cutuli.

La serata è proseguita piacevolmente in un ristorante d’albergo. Io e Giuseppe abbiamo finito di dedicare gli ultimi libri e abbiamo risposto ancora agli interrogativi su noi e il nostro lavoro. Nel frattempo ci siamo divertiti ad ascoltare le storie dei nostri ospiti con la loro straordinaria parlantina, che passava dal francese perfetto all’intercalare siciliano e napoletano. Abbiamo riso di cuore.
Solo ogni tanto io e Giuseppe ci ritrovavamo da soli a fumarci una sigaretta insieme… Allora ci guardavamo negli occhi, ridevamo, ci scambiavamo le battute:
“Mancava solo il tappeto rosso”
“Siamo le star”
“Un trionfo”
Abbiamo passato la notte in Lussemburgo, all’auberge “La Veranda”, un ristorante-albergo (una soluzione turistico-ricettiva meno comune in Italia) gestito da italiani. Al mattino, ci siamo incamminati verso la Gare de Luxembourg e abbiamo fatto in tempo per una breve passeggiata nei dintorni. Siamo arrivati fino al Viaduc, il ponte vecchio, ed è stato allora che mi si è mostrata una prima spettacolare vista della città con le sue forme inconsuete: la roccaforte a strapiombo, attorniata dalle vallate naturali rigate da percorsi d’acqua e, in fondo ad esse, la città bassa.
Dispiace non essere riusciti a vedere di più, ma ci ritorneremo il 4 e il 5 maggio per altre presentazioni di “Dove la terra brucia”, con qualche ora di tempo libero a nostra disposizione. E pare che, questa volta, parleremo esclusivamente nella nostra lingua (non per nulla, a Lussemburgo ci sono più di ventiduemila italiani iscritti all’AIRE - Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero).
Con altri disegni…