giovedì 16 aprile 2009

Quando si dice Mai

Ho trascorso le mie vacanze di Pasqua in un viaggio ricco di misteriosi stati d’animo, in direzione St. Veit an der Glan, una cittadina a vocazione turistica di circa 13.000 abitanti nella regione della Carinzia, in Austria. Qui mia madre vive stabilmente e lavora part time presso “Cantina Toscana – Pasta & Pizza”, un ristorante italiano gestito da suo fratello, mio zio Gianni. Da poco più di cinque mesi.

Lo scorso venerdì, il 10 aprile, a Pavia, sono salita sul primo treno alle 5.51 del mattino, durante tutto il tragitto avevo un umore che non saprei descrivere con un solo aggettivo - ero stanca, arrabbiata, delusa, insofferente, scontenta, annoiata, disattenta… - e sono scesa dall’ultimo alle 15.56, nella stazione di St. Veit. Stavo per imboccare il sottopassaggio, quando mi è sembrato di vedere in lontananza la figura di una donna minuta che parlava ad uno dei controllori del treno. I nostri sguardi si sono incrociati per sbaglio, subito dopo l’ho vista correre verso di me. È buffa, mia madre, quando si mette a correre... ha smesso solo quando mi ha raggiunta e abbracciata. Non ci eravamo mai abbracciate in quel modo, e il mio umore è mutato radicalmente.
Adesso mia madre ha compiuto 54 anni, ha i capelli neri ricci, gli occhi verdi, gli occhiali, è alta 1 metro e 55 centimetri e porta dei vestiti di taglia 38. L’ho trovata più magra di come me la ricordavo, ma lei continua a dire di sentirsi bene così e che non ha nessuna intenzione di riprendere la taglia 46 che aveva fino a neppure un anno e mezzo fa.

A St. Veit la neve si è sciolta da poco. La città è circondata da montagne, montagne e ancora montagne che si perdono a vista d’occhio… ne ho contate sette, una dietro l’altra. Le vedo colorate del verde delle foreste le prime, un azzurro molto chiaro quelle più distanti, fino al bianco delle cime innevate che bloccano la visuale di quello che c’è oltre.
La maggior parte delle case ha i tetti ripidi e il giardinetto, fatta eccezione per il centro. In quest’area, la Hauptplatz è la piazza principale. L’indirizzo corrisponde all’appartamento di mia madre, in un condominio accanto al municipio e di fronte a una celebre fontana. I negozi chiudono a mezzogiorno e alle sei del pomeriggio.
Gli austriaci che ho visto hanno dei lineamenti misti di quelli dei tipici italiani e dei tipici tedeschi. La lingua italiana la imparano in tanti, a scuola. Spesso ti salutano anche se non li conosci, dicono “Hallo” oppure “Scott” (però non trovo questa parola sul vocabolario), sorridono e sono gentili.

Non avevo mai visto mia madre parlare in tedesco. Da poche settimane prende lezioni private, studia con impegno e trae incoraggiamento dai sorrisi dei negozianti austriaci con cui scambia qualche parola. Non posso pensare che è buffa solo perché io non so parlare tedesco!
Non avevo mai visto mia madre lavorare. A “Cantina Toscana”, passa la maggior parte del tempo in cucina con i due cuochi, marito e moglie catanesi, e si occupa di alcune cosette: rifornire le vaschette degli ingredienti; preparare le insalate, i dolci e il cocktail di gamberi; lavare le stoviglie e tenere pulita la cucina. Inoltre, a inizio e fine della giornata di lavoro pulisce anche i pavimenti delle sale e i bagni. Io la trovo svelta e agile.

Quando non ha lavorato, abbiamo fatto delle passeggiate insieme. Una volta, ci siamo spinte fino a un cartello stradale che diceva che non ci trovavamo più a St. Veit e ci siamo inerpicate su un monticello con le “stazioni” della Via Crucis, fino alla cima, dove neppure mia madre era mai stata. Ci siamo sedute sulle panchine, nel senso che ogni venti minuti cambiavamo panchina per ammirare un panorama diverso o perché c’era troppo vento o batteva il sole troppo forte. Io mi ero portata il mio blocco degli schizzi, ma avevo scordato a casa il portacolori, così ho parlato con mia madre davvero tanto. Dopo un po’, ho appoggiato la testa sulle sue ginocchia e ho continuato a blaterare mentre lei mi accarezzava la fronte. Ho pensato che, quando rimarrà di nuovo da sola, ci vorrà ritornare per cercare di ricordarsi di me, per questo ho tentato di dire cose intelligenti.

Ho dormito per quattro notti nel suo appartamento.
Ho trascorso un po’ di tempo in compagnia dello zio Gianni e della sua compagna, Lucia: sono le persone che mia madre frequenta di più. Di mio zio mi rimarrà il ricordo dei suoi frequenti e disinvolti passaggi di lingua, dal catanese all’austriaco. Di Lucia ho disegnato un ritratto.
Ho incontrato tanti italiani emigrati in Austria e di parecchi ho ascoltato le storie di come sono finiti a vivere lì.
Ho mangiato in un ristorante tipico.
Ho fatto alcune passeggiate in solitaria, una anche il giorno di Pasquetta, senza un’anima viva intorno a me.
Ho ammirato il lago di Wörther – forma lunga e sottile, con una circonferenza di circa 18 km - dalle rive opposte di Klagenfurt e di Velden. Ho pensato alle Prospettive, i diversi punti di vista, il fumetto appena completato e che già mi sembra appartenere al passato. Forse mi è già venuta voglia di scrivere un altro fumetto…?!

Ma no…
Durante il viaggio di ritorno, fino alla notte del 14 aprile, ho disegnato e ho scritto molto. Appena sono tornata alla mia casetta ho scaricato e guardato attentamente le 113 foto scattate in quei giorni. Ho subissato il mio povero Giuseppe di parole.
Mi fermo, almeno per adesso…
Dal prossimo post ritornerò con Prospettive!

5 commenti:

Unknown ha detto...

ora capisco tutto!!

paola cannatella ha detto...

In che senso, Carmelotto?...

Unknown ha detto...

il fatto che non m'hai risposto alla telefonata di auguri e m'hai mandato un sms :D
cmq ci vuole un post sul comicon!

Anonimo ha detto...

grazie. grazie di cuore

paola cannatella ha detto...

Mamma, lo so che l'anonimo sei tu...
Ma grazie di che? Dai non ti commuovere! Forza!