lunedì 1 giugno 2009

Io inciampo

Chi ha camminato insieme a me per un po’ mi conosce molto bene sotto questo punto di vista: inciampo continuamente. A ben ragionare, succede soprattutto quando mi trovo in un posto nuovo, oppure sono un po’ stanca o ci sono parecchie cose in giro da vedere. Ad ogni modo, conosco bene la sensazione della paura di cadere, perché la sento tutte le volte che sta per succedere. Però, non l’avevo mai vissuta tanto intensamente come ieri, al Parco Nazionale di Val Grande, denominato “l'area selvaggia più vasta delle Alpi”, meta di una delle gitarelle di me e Giuseppe.
È iniziata lungo la strada per Cicogna, località letteralmente immersa nel Parco di Val Grande, frazione di Cossogno, a 720 metri sul livello del mare, con soli 17 abitanti: cinque chilometri in salita, curve curve, con lo spazio per una macchina in una strada a doppia corsia. Il lato del guidatore era a fianco della montagna, mentre il mio era affacciato sulla valle, ad un altezza senza possibilità di sopravvivenza ad una caduta. Ad un certo punto, siamo perfino passati sotto un tunnel con le pareti in pura roccia, senza cemento, luce, in pieno stile “wilderness” (la promozione del Parco è incentrata su questo aggettivo).
Dopo aver parcheggiato la macchina, da Cicogna siamo partiti per il sentiero natura denominato “Una storia d’acqua”, verso Pogallo. In realtà, non sapevamo bene cosa fosse Pogallo.
Ad ogni modo, non potevamo camminare mano per la mano. Percorrevamo il fianco ripido di una montagna. Il sentiero molto stretto vantava la stessa filosofia della strada per raggiungere Cicogna in macchina: a sinistra, puoi ammirare e pure toccare con mano la natura accanto a te, le rocce, gli alberi, i ruscelli… a destra, puoi ammirare ma non toccare, perché se ti sporgi troppo puoi cadere, rotolare e tutto il resto. E difatti, lungo il cammino abbiamo riscontrato la presenza di alcune lapidi, nativi della zona. Mi sono immaginata che doveva trattarsi di persone che avevano lavorato per costruire quell’impervio sentiero.
Giuseppe camminava davanti a me e mi avvertiva in anticipo se il terreno era fangoso o se c’era stata una frana, e le sue espressioni di meraviglia precedevano sempre le mie. Pian piano la mia fifoneria si è mitigata. E ho iniziato a godermi il paesaggio meraviglioso, con il verde immenso e in gran parte probabilmente inaccessibile della valle, attraversato spesso da ruscelli e cascate.
Al termine del nostro sentiero natura abbiamo scoperto Pogallo, raggiungibile dopo 1 ora e mezza di cammino, necessariamente a piedi: all’improvviso, si è aperta una vasta pianura con l’erba alta e un minuscola località composta da deliziose piccole baite e alcune casupole in rovina qua e là.
Al ritorno, ho insistito per camminare io davanti. Sentivo Giuseppe ridere, mentre mi diceva che era impressionante vedermi inciampare da dietro, ogni dieci secondi. E tuttavia, non cadere mai.

5 commenti:

Killy77 ha detto...

L'importante è anche DOVE s'inciampa. Nella foto ti faresti molto male.

paola cannatella ha detto...

Sì, il concetto si potrebbe allargare...

Iburo ha detto...

Io inciampo regolarmente nelle sconnessioni del terreno, forse perché tengo la pianta del piede sempre troppo radente il suolo. Quando mi capita mi giro, impreco e vado avanti.
Tu mi sembri un'inciampatrice più tranquilla e posata.

Anonimo ha detto...

anche che inciampi te la sei cavata sempre

paola cannatella ha detto...

Grazie mamma... ti ho riconosciuta anche stavolta!