Ieri sera sono andata a letto alle 22:00. Un sonno profondo e lungo, fino alle 6:30 di stamattina, quando è suonata la sveglia di Giuseppe, che pochi giorni fa ha iniziato a insegnare in un istituto commerciale ad Alessandria.
Ho deciso di alzarmi per fare colazione con lui, e dopo rimettermi un po’ a nuovo. Prima di mangiare qualcosa, però, sono passata sulla bilancia: ben cinque chili sovrappeso, uao, non mi era mai successo.
Mi sono lavata i capelli e ho fatto una doccia, e quando ho indossato la magliettina che Giuseppe ha comprato per me a Londra – ancora non si spiega come possa avere scelto la taglia S – ho constatato che era corta e scopriva la pancetta. Quindi, sono ricorsa a un classico e non tanto furbo espediente per nascondere la ciccia, ovvero la giacchettina di cotone legata ai fianchi.
Ho chiuso dietro di me la porta di casa alle 8:30, poi mi sono fermata davanti alla bici: ho gonfiato le ruote, ho messo un po’ d’olio sulla catena e ho tolto le ragnatele.
Quindi, finalmente, per la prima volta dallo scorso 22 agosto, sono uscita.
Mi sono ritrovata seduta su una panchina, scelta con cura davanti ad una particolare vista sul parco del Ticino. Alla panchina mancava un’asse di legno del sedile - ma non era del tutto scomoda - e qualcuno vi aveva attaccato un lucchetto, rimasto orfano. Sul lungofiume ho osservato le corsette mattutine, i cani al guinzaglio, i vecchietti solitari, l’uomo con la valigetta e lo sguardo da maniaco. Ho fumato una sigaretta, cercando di pensare alla mia immagine, a come avrei potuto disegnarmi in quel momento.
Quasi subito, mi sono chiesta, se fosse più interessante disegnarmi com’ero meno di 12 ore prima.

Ci ho pensato. Trasfigurata, forse, ma ero sempre io, già. Ieri ho terminato l’ultima tavola del fumetto, e oggi il corpo, il cervello e il cuore iniziano la riabilitazione alla vita “normale”. Ma che vuol dire?... Non trovo la parola per identificare la vita che ritornerà ad essere come prima, ma di sicuro so che i mesi trascorsi a lavorare esclusivamente e intimamente al fumetto non possono essere definiti normali…
Uno degli aspetti più significativi che ha caratterizzato la mia sfigurazione è stata l’ipersensibilità agli odori. Trascorrendo gran parte della giornata nella stessa stanza, ho cominciato ad allarmarmi al minimo cambiamento avvertito dal mio olfatto, che stranamente ha iniziato ad acuirsi. Il leggero puzzo di formaggio nel frigorifero, il tanfo proveniente dal cestino delle cipolle, l’odore di bruciato, del letame, del gas, dei piedi. “Cane da tartufo”, mi chiamava Giuseppe di tanto in tanto...