giovedì 27 ottobre 2011

... e anche sul Corriere.it

Ieri sera, il 26 ottobre...
... il giorno che Maria Grazia Cutuli avrebbe compiuto 49 anni, già.

... intorno alle ore 20:00, sulla homepage del Corriere della Sera è comparso un piccolo box con una delle immagini del nuovo fumetto.

Adesso, man mano che passano le ore, il box scende, scende, fino a scomparire ovviamente, ma qui c'è il link all'articolo scritto da Alessandro Trevisani, che ringraziamo!

Ecco un'istantanea scattata pochi minuti fa, per ricordare che ci siamo stati...

martedì 25 ottobre 2011

Il salto

Tre giorni fa il Corriere della Sera ha annunciato la pubblicazione del libro a cui Giuseppe e io abbiamo lavorato per ben due anni, Maria Grazia Cutuli – dove la terra brucia, per l’editore Rcs libri, marchio Rizzoli Lizard. Sarà in libreria dal 26 ottobre, il giorno in cui l’inviata del Corsera, uccisa in Afghanistan nell’autunno del 2001, avrebbe compiuto 49 anni.

Ci sarebbero tante cose da raccontare, e per molte di queste sarebbe doveroso fare dei chiarimenti al più presto, ma questo post è soltanto un’introduzione a una serie di argomenti, tra cui l’idea, il progetto, la documentazione, lo storyboard, le tavole a fumetti…

Adesso mi preme solamente sottolineare che in questo fumetto non sono stata da sola. Anzi, da sola non avrei neppure immaginato di lavorare a un soggetto simile, e ancora, se, una volta cominciato il lavoro, mi fossi ritrovata a portarlo avanti senza Giuseppe, mi sarei rifiutata di proseguire. A due anni e mezzo dal mio precedente graphic novel, Prospettive, due miei grandi fan che hanno letto tutto quanto ho pubblicato finora – banalmente, mamma e papà! – si sono stupiti dell’eccessivo salto di qualità.

«Paola, tu sei figlia mia, ti voglio bene, lo sai» mi ha detto oggi mia madre in videochiamata da St. Veit an der Glan «ma te lo devo proprio dire, questo fumetto, rispetto agli altri…» e annuisce, con un’espressione che indica gli attributi di un’opera molto migliore di quella che l’ha preceduta «insomma, si vede che c’è dietro Giuseppe.»

Non sarà affatto facile spiegare ai lettori come si è articolata la nostra collaborazione durante la realizzazione del libro e l’importanza del lavoro di ciascuno di noi. Prevedo che, innanzitutto, in tanti si lasceranno impressionare dai disegni. Poi, Giuseppe non è il tipo di persona da rendere giustizia ai propri meriti solo per mettersi in luce. Infine, quando sarò io a spiegare perché il suo contributo è stato, nel vero senso della parola, fondamentale, qualcuno potrà obiettare che è l’amore a farmi parlare in un certo modo, perché Giuseppe è il mio compagno da quasi otto anni.

Ma qui lo ribadisco: Maria Grazia Cutuli – dove la terra brucia nasce da un’idea di Giuseppe Galeani. È stato lui a costruire le basi di questo fumetto e gli obiettivi, il timone, le redini, o come le volete chiamare, sono sempre stati nelle sue mani. Tutte le volte in cui io ho rischiato di perdermi nella marea delle informazioni che avevamo raccolto, a mollo nelle mie stesse lacrime per non sentirmi all’altezza delle responsabilità, c’era sempre lui a farmi riemergere.

Siamo stati a parlare del fumetto a tutte le ore del giorno, seduti sugli scalini dell’ingresso e avvolti nel piumino del letto. Lui che mi conosce benissimo, ha saputo tirare fuori il meglio di me, cosa che non mi capiterebbe mai con un normale sceneggiatore. È sempre stato presente e attivo, dai primi schizzi degli studi sul volto di Maria Grazia Cutuli fino all’ultima correzione ai testi che proponeva la Rizzoli. «È come fare un bambino» ha detto qualche volta Giuseppe gongolante, mentre io oso a stento chiamarlo così, avendo rivolto più spesso il desiderio a quello che vorrei in carne e ossa «Lo abbiamo fatto insieme». Insieme, intimamente.

domenica 23 ottobre 2011

giovedì 29 settembre 2011

Cane da tartufo

Ieri sera sono andata a letto alle 22:00. Un sonno profondo e lungo, fino alle 6:30 di stamattina, quando è suonata la sveglia di Giuseppe, che pochi giorni fa ha iniziato a insegnare in un istituto commerciale ad Alessandria.

Ho deciso di alzarmi per fare colazione con lui, e dopo rimettermi un po’ a nuovo. Prima di mangiare qualcosa, però, sono passata sulla bilancia: ben cinque chili sovrappeso, uao, non mi era mai successo.

Mi sono lavata i capelli e ho fatto una doccia, e quando ho indossato la magliettina che Giuseppe ha comprato per me a Londra – ancora non si spiega come possa avere scelto la taglia S – ho constatato che era corta e scopriva la pancetta. Quindi, sono ricorsa a un classico e non tanto furbo espediente per nascondere la ciccia, ovvero la giacchettina di cotone legata ai fianchi.

Ho chiuso dietro di me la porta di casa alle 8:30, poi mi sono fermata davanti alla bici: ho gonfiato le ruote, ho messo un po’ d’olio sulla catena e ho tolto le ragnatele.

Quindi, finalmente, per la prima volta dallo scorso 22 agosto, sono uscita.

Mi sono ritrovata seduta su una panchina, scelta con cura davanti ad una particolare vista sul parco del Ticino. Alla panchina mancava un’asse di legno del sedile - ma non era del tutto scomoda - e qualcuno vi aveva attaccato un lucchetto, rimasto orfano. Sul lungofiume ho osservato le corsette mattutine, i cani al guinzaglio, i vecchietti solitari, l’uomo con la valigetta e lo sguardo da maniaco. Ho fumato una sigaretta, cercando di pensare alla mia immagine, a come avrei potuto disegnarmi in quel momento.

Quasi subito, mi sono chiesta, se fosse più interessante disegnarmi com’ero meno di 12 ore prima.

Ci ho pensato. Trasfigurata, forse, ma ero sempre io, già. Ieri ho terminato l’ultima tavola del fumetto, e oggi il corpo, il cervello e il cuore iniziano la riabilitazione alla vita “normale”. Ma che vuol dire?... Non trovo la parola per identificare la vita che ritornerà ad essere come prima, ma di sicuro so che i mesi trascorsi a lavorare esclusivamente e intimamente al fumetto non possono essere definiti normali…

Uno degli aspetti più significativi che ha caratterizzato la mia sfigurazione è stata l’ipersensibilità agli odori. Trascorrendo gran parte della giornata nella stessa stanza, ho cominciato ad allarmarmi al minimo cambiamento avvertito dal mio olfatto, che stranamente ha iniziato ad acuirsi. Il leggero puzzo di formaggio nel frigorifero, il tanfo proveniente dal cestino delle cipolle, l’odore di bruciato, del letame, del gas, dei piedi. “Cane da tartufo”, mi chiamava Giuseppe di tanto in tanto...

giovedì 8 settembre 2011

Domande su Etna Comics

Essendo al momento tappata in casa a Pavia (più o meno mancano due settimane alla fine del tour de force), con mio grande rammarico non potrò andare alla prima grande mostra mercato o volgarmente detta "fiera" di fumetti, giochi e videoludica a Catania, che si terrà da domani venerdì 9 fino a domenica 11 settembre.

Sigh... Cercherò di farmela raccontare dai miei amicucci catanesi e magari seguirò l'evento dai siti internet... a proposito, il sito di Etna Comics è questo: http://www.etnacomics.com/

Ho saputo che la Tunuè sarà presente, poi c'è anche il mio amico Simone Campisano presso lo stand di Fumetti al Cubo, rivista catanese di fumetti di fantasy, fantastico e fantascienza.

Ce la farà Catania ad accogliere un evento di questo tipo? Hanno fatto promozione come si deve? Riusciranno i visitatori a evitare l'idea di raggiungere Le Ciminiere in auto invece di usare i mezzi di trasporto pubblici? Ci sarà caldo? Gli espositori faranno in tempo ad andare a farsi un bagno alle belle scogliere di pietra lavica, magari al mattino presto?

Andateci!

lunedì 5 settembre 2011

Vorrei parlare, vorrei parlare...

Quante cose vorrei raccontare del nuovo fumetto!...

Di tutto quello che abbiamo passato io e Giuseppe per delineare e perfezionare la storia, rendendo intensa la nostra convivenza, in pochi metri quadrati divisi insieme, con il caldo asfissiante e i ghiaccioli consumati sui scalini davanti all'ingresso di casa nostra, le uniche "uscite" concesse alle lunghe clausure.
Dei miei nuovi impensabili record di lavoro continuato... da circa tre settimane, disegno dalle otto del mattino alle due di notte.
Di tutto quello che ho dovuto imparare a disegnare: i pickup e i kalashnikov, per esempio. E tutte quelle facce diverse. Età, sesso, colore della pelle, denti, barba.
Di come continuo ad emozionarmi disegnando e colorando la vita del mio personaggio, dallo storyboard alle matite, dalle matite alla tavola completa, pitturata con i grigi al computer.

...ma presto potrò parlare. La consegna del fumetto è per il 24 settembre. Non vedo l'ora di mettere i balloon alla mia bocca, e raccontare, raccontare, raccontare...

venerdì 29 luglio 2011

Mezzo mondo

Croazia, Serbia, Bosnia, Israele, Giordania, Iraq, Afghanistan, Pakistan, Algeria, Benin, Burkina Faso, Burundi, Congo, Costa D’Avorio, Egitto, Etiopia,

Guinea-Bissau, Kenya, Libia, Nigeria, Ruanda, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudafrica, Uganda.


Ho controllato più volte i Paesi dove ha lavorato la protagonista del mio fumetto, e temo sempre che me ne sia sfuggito qualcuno.

Io ne avrò per tutta l'estate, e almeno fino a metà settembre non potrò schiodarmi da Pavia per portare a termine le tavole.

Un felice contrasto con lo stile di vita della mia eroina, in giro per mezzo mondo, in contatto costante con le persone. In cerca di storie.


L'immagine che ho postato rappresenta un folto numero di pakistani armati, pronti a partire per l'Afghanistan per la jihad, la guerra santa.


Buone vacanze

venerdì 13 maggio 2011

Kabul

Una piccola anticipazione sul fumetto a cui sto lavorando...

Kabul è il luogo che la protagonista della storia vuole raggiungere. Una città dilaniata dalle ferite delle guerre e tuttavia ancora affascinante, in cui la protagonista vede un po' sè stessa.

martedì 8 marzo 2011

Bilbolbul, pensieri+disegni+parole

All’inizio dell’anno nuovo, me l’ero chiesto, a quali manifestazioni fumettistiche potrò partecipare… Di sicuro, non avrei potuto tralasciare il Bilbolbul, ma poi mi sono mancati Angoulême e Mantova, e so già che bucherò il Comicon a cavallo di aprile e maggio. A poco a poco, ho preferito non pensarci più, dimenticarmene, rendere il pensiero di andare a Bologna molto leggero…

Da un paio di settimane si sono incrociati alcuni elementi di favore che hanno permesso a me e a Giuseppe di dedicarci insieme e assai intensamente al progetto del fumetto TOP SECRET. La protagonista del nostro fumetto è una donna che ha vissuto fino a 39 anni, e ha lavorato almeno in numerosi paesi in crisi a causa di guerre, genocidi o il mancato rispetto dei diritti umani. Noi l’abbiamo conosciuta dopo, per questo, al fine di darle un volto più fedele o onesto possibile abbiamo bisogno delle testimonianze di persone che le sono state vicine nella vita.


Abbiamo così iniziato a rintracciare numerosi personaggi, prendere appuntamenti, predisporre ripetute scappate a Milano, inviare mail per comunicare con i nostri interlocutori in Svizzera piuttosto che in Israele, pianificare un viaggio a Roma e uno a Catania, ascoltare i racconti e assistere alla vivacità dei ricordi, tutto da concludersi entro la fine del mese. Le mie giornate si sono scosse e il mio sonno si è fatto inquieto, ma mi sono sentita anche accendermi per quel pensare e fare.


La sera del venerdì 4 marzo, l’idea di andare al Bilbolbul, riapparsa quasi casualmente, è parsa a me e a G sotto una luce nuova. Da Pavia, che ci vuole ad andare a Bologna, senza dissanguarci troppo e goderci per un po’ di tempo le mostre e gli incontri del Bilbolbul?... Domani, subito dopo pranzo, prendiamo la macchina, posteggiamo alla stazione di Stradella, prendiamo un treno regionale con cambio a Piacenza, passiamo una notte in un alberghetto al centro, e domenica sera torniamo a casa…


Sul treno, G mi chiede se ho stampato il programma del festival. No, gli rispondo, ma ho spulciato il sito internet, e poi figurati, è la quarta volta di fila che ci vado, so come funziona.

Quando arriviamo alla sala borsa, sono le 17, più o meno. Quando inizio a sfogliare il libriccino del programma, ho la sensazione che ci sia qualcosa di diverso rispetto al sito internet per quanto riguarda le mostre. Lo sfoglio e lo risfoglio, e capisco che mancano le informazioni e le immagini delle mostre off che avevo visto sul sito internet…


Alla sala borsa, abbiamo ascoltato la voce di Vittorio Giardino. G non lo aveva mai sentito prima… Ed eccola, ancora una volta, la sensazione di una grande persona dietro un grande fumetto: rimango impressionata dal suo approfondito interesse per alcuni particolari relativi ai suoi argomenti storici prediletti, e il gioco delle innumerevoli citazioni di frasi e personaggi presenti in altre opere letterarie. Un esempio, come sempre.


Dopo una breve partecipazione all’inaugurazione della mostra Emboscadas, passiamo la serata con un nostro amico bolognese, Francesco Busacca, presenza fissa ai Portopacchio estivi. Conosciamo il quartiere di Via del Pratello, le ore trascorrono così piacevoli, folli e divertenti che non rimpiango affatto di aver mancato la serata col Bilbolbul.


La mattina dopo, la nostra prima tappa è il Museo Archeologico, con le mostre di José Muñoz e Vanna Vinci. Innanzitutto scopriamo che dal 1 marzo, il biglietto di ingresso ai musei civici di Bologna non è più gratuito… Un’altra mostra del Bilbolbul “gratuita, ma inserita all’interno di un museo che prevede il pagamento del biglietto d’ingresso di 4 euro” – così ci spiegano al desk - sarà quindi quella del Teatrino dell’Ebbrezza, al Museo della Musica.

Le mostre al Museo Archeologico sono di alto livello, come sempre, anche se quelle degli anni passati mi avevano emozionato di più. Ad ogni modo, ti fanno venire voglia di comprare e leggere i fumetti degli autori in mostra e fare la fila per una dedica, alla sala borsa.

Cerchiamo José Muñoz, e lo troviamo appunto con una fila di persone che attendono il proprio turno, ognuno con un biglietto numerato in mano. Accanto a lui troviamo anche David B. che invece non ha libri da disegnare. Allora G dice “Ma no, povero… compriamo un suo libro!”

Il mio G, quanto lo amo. Mentre lui va a comprare qualcosa nella bancarella della sala io resto lì – circa tre minuti – e vedo arrivare un ragazzo a chiedere una dedica a David B.

Quando G torna indietro, sono già in due ad aspettare la dedica. David B., con la sua consueta ironia, dice “No, se vi mettete a litigare non disegno più”…

Alle 14,30 ci sediamo alle poltroncine in terza fila per seguire la tavola rotonda con José Muñoz, Luca Raffaelli, Matteo Casali e Nicola Peruzzi. Si parla della scrittura a fumetti, sulla base dei saggi dedicati ai grandi maestri della sceneggiatura Héctor Oesterheld e Grant Morrison.

José Muñoz racconta di un aneddoto risalente al più o meno al 1959, quando aveva poco più o meno 17 anni. Mentre le sue parole scorrono fluide e veloci - in lingua italiana con una leggera venatura spagnola - fa girare fra le sue mani una piccola matita, e sembra fissare una finestra sul passato. Il suo racconto mi fa vedere la casa di Oesterheld, sento le risate delle sue quattro bambine, e poi vedo anch’io il “tempio”: questa stanza il cui pavimento è ricoperto da libri, ci sono così tanti libri da ricoprire i tappeti, e il vento da una finestra fa frusciare le pagine, come se fossero foglie di alberi. Il giovane José, in punta di piedi, trova il maestro e gli consegna le sue nuove tavole a fumetti. E non dimenticherà mai più quel giorno.

Ogni volta che sono stata al Bilbolbul, non è mancato mai il momento in cui rimango incantata dalle parole di un grande autore di fumetti. Immagino che dietro un autore eccezionale non ci sia sempre una bella persona, e quella che per me è una persona straordinaria per altri è una testa di cazzo. Però cerco di non mancare mai al Bilbolbul, per cercare di trarre esempio e ispirazione, mantenendomi a una certa distanza di “sicurezza”. Per questo, in fondo, un vero “maestro” non l’ho mai avuto, ma tanti autori e tanti libri che amo.

L’ultima tappa del nostro viaggio è la mostra di Grazia Nidasio, “Questi Grandi Amori”: ecco dei minicomic di quattro, sei tavole o più… ed è possibile ammirare le sbalorditive tavole e contemporaneamente leggere le storie dall’inizio alla fine, minuziose, complesse, sagaci e spassose. Mi sono divertita a leggere la storia di Gabriele D’Annunzio e la marchesa di Rudinì, e quella di Jacqueline Kennedy Onassis e “LUI” (il DENARO).


Grazia Nidasio non l’ho mai né vista né ascoltata, ma è considerata una delle più importanti fumettiste italiane, e abita a Certosa di Pavia. Guarda un po’...

lunedì 31 gennaio 2011

Biutiful

In fremente attesa dell'uscita di Biutiful, il nuovo film di Alejandro González Iñárritu, uno dei miei registi preferiti, sono incappata in una delle immagini raffiguranti Javier Bardem. Per il mio modo di fare fumetti mi è utile allenarmi così: disegnare un volto, cercando di rappresentarlo fedelmente. Non che il risultato debba essere fotorealistico, l'importante è riconoscere la persona.
Ovviamente è normale filtrare con i propri occhi e la propria mente quello che si ha davanti, ma se si volesse provare a raccontare la vita di una persona che esiste davvero, l'allenamento fa bene.

Il divo in questione ha un viso molto particolare. Anzi, di profilo, alcuni tratti dei suoi lineamenti sarebbero più facili da osservare, ma mi piaceva anche l'espressione che aveva nella foto, con le tracce di sudore malato sulla fronte.
Ecco, mi sa che dovrò allenarmi ancora...

martedì 25 gennaio 2011

La storia del portafoglio

"Da quant'è che non esco di casa?"
… è una delle domande più ricorrenti che mi faccio, da qualcosa come sei mesi a questa parte…

Certo, ho avuto alcuni decisivi intervalli, ovvero: le vacanze estive siciliane; un matrimonio in data 11 settembre a Catania; una piovosa Lucca Comics; una vacanzina ad Alicante a fine novembre, a beccare in un colpo solo sorella e fratello; le vacanze di Natale, trascorse sempre in Sicilia.

Ad ogni modo, il mio stile di vita si è fatto sempre più casalingo, con una media di dieci ore di lavoro al giorno. E ogni tanto ci sono anche le urgenze. Non a caso, con mio sommo dispiacere, ho dovuto trascurare il blog: quante volte, ho iniziato a disegnare qualcosa, ho avuto l’idea per un post ma non c’è stato tempo per sistemare tutto in modo leggibile, fino a quando mi è sembrato assurdo raccontare qualcosa accaduto una settimana prima.

Il lavoro che mi tiene tanto impegnata è in primo luogo il fumetto TOP SECRET, il nuovo graphic novel, a cui sto lavorando insieme a Giuseppe… Il “nostro” fumetto.

Poi, ci sono i fumetti degli altri: le attività di impaginazione, computer lettering e lettering a mano, gli adattamenti - sulle immagini che comprendono scritte in lingua straniera, che devono essere trasformate e adattate alla lingua italiana (es. insegne e poster) – e talvolta anche la grafica degli interni e della copertina.

Appunto, dallo scorso giugno ho avuto un incremento di collaborazioni per i fumetti degli altri. È un lavoro che mi piace, poiché mi permette di osservare da vicino autori diversi, spesso con la soddisfazione di aver conosciuto in modo speciale un bel libro, e a volte un capolavoro.
D’altra parte, fino a quanto i libri non vengono pubblicati, la riservatezza è d’obbligo: così, parlo soltanto adesso del fatto che ho iniziato a collaborare anche con Rizzoli Lizard, curando gli interni della nuova edizione di
Blankets, e svolgendo un lavoro al completo – copertina compresa – di Garibaldi e di Li Romani In Russia, un graphic poem (non conoscevo questo termine prima di averlo letterato) che mi ha stupito e commosso.

A metà ottobre ho corso il rischio di iscrivermi a un corso breve di illustrazione alla scuola di fumetto del Castello Sforzesco di Milano. Il mio piano era di migliorare le mie qualità di disegnatrice, concentrandomi sulla forza di un’unica immagine, e acquisire un po’ di sicurezza nell’uso del colore. Inoltre, la frequenza del corso – per me, lunedì e martedì h 20/22 - avrebbe dovuto costringermi a uscire di casa verso le 18.30, prendere il treno, la metro e poi l’autobus fino alla scuola. Dunque, uscire un quarto d’ora prima del termine delle lezioni, fare una corsa fino alla metro, e pian piano tornare a Pavia, entro le 23.
Infine, a volte avrei potuto sfruttare l’occasione dell’andata a Milano per sbrigare qualche eventuale altra faccenda, solitamente di lavoro.
Il rischio sempre pronto dietro l’angolo era che fossi troppo impegnata o esausta per recarmi al corso, per non parlare delle assenze dovute ai miei spostamenti per Sicilia & co. Come volevasi dimostrare, mi sono assentata spesso per urgenze di lavoro, mentre se ero SOLTANTO esausta ma abbastanza libera da altri impegni, di solito facevo uno sforzo e andavo a Milano.

Di fatto, a volte ho creduto di essere diventata una sorta di semidisadattata alla vita fuori da casa mia, ma non mi sono mai fatta sopraffare da questa sensazione.

Tranne una volta, lunedì scorso. Questa sarà la volta che racconterò di notizie non esattamente “fresche”…


Lunedì 17 gennaio sono uscita di casa un po’ prima del solito, per un appuntamento di lavoro a Milano PRIMA del corso di illustrazione. Ero rimasta incollata davanti al monitor del computer fino all’ultimo momento, avevo buttato dentro la borsa anche il mio beauty case tascabile e poi ero schizzata via alla stazione di Pavia a prendere il treno delle 16.35. Sono passata dall’edicola della stazione, ho acquistato due biglietti ferroviari e un giornaliero per la metro, tenendo contemporaneamente fra le mani guanti, cappello e portafogli, ma assicurandomi di non farmi cadere nulla dalla borsa. All’ora stabilita, il treno è partito puntuale. Io stavo seduta, in uno scomparto molto stretto, a riprendere fiato e a congratularmi con me stessa per avercela fatta ancora una volta a non perdere il treno. Come spesso mi capita, ho tirato fuori uno dei miei piccoli album da disegno “da viaggio”, ma poi ho deciso anche di cercare fra i miei appunti del corso che cosa avevamo fatto il 13 dicembre – avevo alle spalle 4 assenze di fila.

Quando il treno è giunto a Milano Rogoredo, sono passata dal bagno della stazione per pettinarmi e truccare un po’ i miei occhi stravolti. Poi, sono uscita dal bagno e, continuando a camminare in direzione della metro, ho cercato nella borsa il portafoglio, con l’intenzione di recuperare il biglietto.

Niente.

Una vampata di calore sulle guance. Mi fermo, controllo meglio.

Niente.

Torno subito in bagno, niente. Già che sono lì, svuoto la borsa di Mary Poppins da tutto il suo contenuto – appunti, album, portacolori, gomme, due cellulari, beauty case, bottiglietta d’acqua, chiavi di casa, portatabacco, occhiali da sole, hard drive (per il mio appuntamento di lavoro) – e capisco che manca per certo il portafoglio all’appello.

Comunque, quando esco dal bagno ancora non posso crederci, così svuoto d’accapo la borsa su una panchina, e allora mi capacito definitivamente che ho perso il portafoglio.

“Dev’essermi caduto sul treno. Sono sicura di averlo rimesso nella borsa, quando ero ancora Pavia… o no?”

Vado a cercare qualcuno del personale delle FS che possa aiutarmi a rintracciare il treno da cui sono scesa, diretto a Milano Centrale. Attraverso una finestrella vedo un impiegato seduto alla scrivania, con computer e tabulati su cui è assorto. Busso, faccio segnali, forse ispiro pietà. L’impiegato si alza, è un uomo alto con i capelli brizzolati e gli occhiali, il cui aspetto mi ricorda vagamente Sergio Brancato, un critico di fumetti. Dopo avergli spiegato la situazione, lo vedo muoversi con pacatezza ma determinazione, contattando qualcuno a Milano Centrale che possa controllare i vagoni del treno incriminato.

Abbassa la cornetta del telefono, mi comunica che lo richiameranno a minuti.

“Può andare in sala d’attesa, Le faccio sapere appena possibile…” i suoi modi sono sempre cordiali ma temo la mancanza di un suo coinvolgimento emotivo.

“No, grazie, non ho freddo, preferisco rimanere qui” fuori, con la nebbia che mi impedisce di vedere con chiarezza, mi fumerò una sigaretta per calm

armi e farò finta di non spiare le sue mosse.

“Sì, ma scusi, la finestra devo chiuderla, c’è corrente”.

Aspetto. Nel frattempo, nella mia testa faccio il punto della situazione. “Con me ho solo un biglietto del treno già timbrato. Che faccio se non trovano il portafogli? Secondo me, comunque, non lo troveranno. È troppo facile che l’abbia già preso qualcuno. Due sono le possibilità: o l’ha trovato un disgraziato o un’anima pia. Nel portafoglio ci sono i miei biglietti da visita col numero di cell. Solo nel caso l’abbia trovato l’anima pia, riceverò una telefonata entro quindici minuti, sennò addio documenti e bancomat. I soldi, chissenefrega, erano solo trenta euro.”

Attraverso la finestrella, vedo l’impiegato rispondere al telefono, e poi voltarsi verso di me con uno sguardo che lascia poco alla speranza. Abbassa di nuovo la cornetta, mi dice qualcosa scuotendo la testa, muovendo le labbra e facendo gesti, poi torna a lavorare. Nessuna buona notizia, è ovvio, ma io non capisco il labbiale. “Che cos’è che ha detto? Mi ha comunicato che non hanno trovato niente, e adesso torna alle sue scartoffie come se io non esistessi più?... Ma come si fa una cosa del genere? Bè, qui a Milano è possibile… Ma no, non ci credo!...”

Rimango indecisa sul da farsi per qualcosa tipo un minuto, poi busso di nuovo. Il tipo si alza, apre la finestra, e mi spiega che gli hanno detto di pazientare ancora un po’, stanno cercando il portafogli, telefoneranno ancora fra qualche minuto.

“Sono una disadattata” ecco che arriva l’ondata dei pensieri inutili “Sto a casa dalla mattina alla sera per giorni, e appena esco combino delle cazzate. Finalmente avevo guadagnato qualche ora di tempo libero fra oggi e domani, e ora faccio questa stronzata di perdere il portafogli. Ma perché? È una punizione? È un segnale? Devo riflett

ere su come gestisco la mia vita?”

Non avevo perso il portafogli, prima di quel giorno. Certo, me l’avevano rubato, due volte, a Catania. La prima, fra la folla delle bancarelle della fiera, sfilato dalla borsa. La seconda volta, la borsa mi fu scippata, una sera mentre ero a passeggio in via Crociferi, da due tipi su un motorino. In entrambi i casi fui molto fortunata, perché il maltolto venne ritrovato. Nel primo caso, il portafoglio era stato infilato dentro una cassetta dello scarico dell’acqua, in un bagno di un bar vicino alla fiera. Nel secondo caso – incredibile! – la borsa venne ritrovata da un’amica di Giuseppe: eravamo andati a cena a casa di questa ragazza, e lei aveva notato la mia borsa. Qualche giorno dopo, la riconobbe, per terra, davanti al portone, abbandonata dai rapinatori, che avevano preso soltanto soldi e cellulare. Quando arrivai anche io sul posto, riuscii a ritrovare perfino la scheda del cellulare.

“Signorina, mi spiace” l’impiegato interruppe il flusso di ricordi “Non hanno trovato niente”.

Ecco, la fortuna nella sfortuna doveva finire, prima o poi. Con molta dignità, cercai di raccogliere le forze per ringraziare, comunque. Poi, però, c’era il problema che ero completamente a secco. Chiesi all’impiegato la cortesia di un prestito di appena dieci euro, con la promessa che glieli avrei restituiti l’indomani. L’anima pia si rivelò per quello che era veramente, e mi diede una banconota da venti, senza volere né nome né numero di telefono.

Congendandomi con tante altre belle parole, me ne sono andata al mio appuntamento di lavoro.

Durante il breve tragitto, continuavo a sentirmi davvero l’essere più inetto della Terra. Appena possibile, ho chiamato Giuseppe. Era già passata circa un’ora. Anche lui, nel suo piccolo, mi ha aiutata, recandosi alla stazione di Pavia per testare i colpi di fortuna su quel fronte, invano.

Ero alla sede della ReNoir, a consegnare un lavoro di lettering. “Finisco qui e poi vado personalmente a Milano Centrale, chissà…” pensavo, quando mi squilla il cellulare. Il numero era sconosciuto, rispondo. “Parlo con Paola Cannatella?” ascolto una voce femminile con uno strano accento, che mi ha fatto supporre - mi vergogno un po’ a dirlo - che fosse straniera. Ad ogni modo, il cuore mi è balzato, sapevo cosa stava per dire. “Ho trovato il tuo portafogli”!

Era una madre di famiglia, originaria di Agrigento. Si chiamava Milena, ed è balzata in cima alla lista delle anime pie incontrate nella mia vita. Aveva trovato il mio portafogli per terra a Gallarate, in provincia di Varese. A parte i soldi, c’era tutto.

“Lasci il tuo numero di cellulare nel portafogli?” mi ha chiesto Giuseppe, quando gliel’ho comunicato.

“Sì, certo, così se qualcuno lo trova…”

“Ma non si deve fare. E se poi ti capita un pazzo che inizia a tormentarti di telefonate?... Una volta, a mia madre è successo. Ha perso il portafogli, e c’era questo tipo che la chiamava e la insultava…”

Ma io continuerò a fare come ho sempre fatto.

Il giorno dopo, io e la signora Milena ci siamo incontrate fugacemente alla stazione di Gallarate, a ora di pranzo. Teneva per mano una bambina più o meno di sette anni, e nell’altra mano stringeva il mio portafogli da uomo. Non ho potuto offrirle neanche un caffè, è dovuta andare via dopo un minuto.

Dopo, è stata la volta dell’impiegato alla stazione di Milano Rogoredo, a cui ho restituito i soldi che mi aveva prestato. Quando gli raccontai la storia della signora di Agrigento, lui mi disse che era originario della Calabria, accompagnandosi con una delle superfrasi tipiche di noi emigrati: “Se non ci aiutiamo fra di noi, che siamo del Sud…”

Sul treno, iniziai a disegnare a matita i volti dei miei due infarti. Nei giorni successivi, li ho ripassati a penna e li ho colorati, così, per allenarmi un po’ col colore. Non pensavo fino a stamattina, che li avrei messi sul blog. Ma si deve pur iniziare di nuovo a sentirsi meglio.

domenica 26 dicembre 2010