giovedì 7 febbraio 2008

Il deserto e i pesci luna


Quando vivevo a Catania, se la notte avevo sognato qualcosa di interessante, innanzitutto lo raccontavo a mia madre durante la colazione: era il mio modo per imprimere il ricordo nella mia testa, trasformandolo magari in una storia. Da quando sono ad Acqui Terme, quello di ieri è stato il primo sogno attraente di cui mi sono ricordata, e riordino qui di seguito quanto ne ho scritto di prima mattina. Non l’ho ancora raccontato a nessuno.

“Mi trovo in mezzo al deserto, circondata dalla finissima sabbia color giallo paglierino. La sento sui piedi, sollevata leggermente da un debole venticello.
Il mio aspetto è quello di Tulip, la ragazza del protagonista di Preacher, Jesse, forse anche la mia personalità è diversa… Sono molto arrabbiata.
Accanto a me c’è il mio compagno, che non è per niente il mio tipo: non solo perché è troppo muscoloso, al limite dell’ipertrofico, ma per via della sua capigliatura – capelli neri cortissimi ma alti sul capo - e della sua giacchetta smanicata con taschini, cerniere, bottoni e laccetti. Sembra un militare con un non so che di nazista.
Durante il giorno c’è un caldo infernale, ma la cosa più inquietante è l’atmosfera di abbandono e morte dentro il quale ci troviamo. Attorno a noi, il confine è segnato da flyers, dune buggy e macchine motorizzate simili a quelle che ho visto guidare in Nathan Never nel deserto dei centozampe o in Mad Max. Sono tutti delle specie di giocattoli giganti, vecchi di anni e un po’ arrugginiti, e vi sono rimasti impigliati dei piccoli arbusti. Non ci è dato di andarcene ma possiamo sopravvivere.
Quand’ecco che cala la notte, e a me tocca il turno di guardia. Sto accovacciata tra dei cespugli di un bel colore verde, che spuntano nel deserto solo al calar del sole, ed improvvisamente arriva un’imboscata di scocciatori. Anche loro indossano dei vestiti da militari, ma sono delle caricature di soldati disordinati, hanno tutti ma sono tutti dei cinquantenni con la barba lunga e incolta e aspetto
Il loro scopo non è attaccarci, ma condizionare i nostri pensieri. Parlano, parlano, parlano, con i loro modi da zotici e le argomentazioni futili. Io sono ostile, non li ascolto.
- …e poi, laggiù c’è il mare. – dice uno di loro, indicando alle mie spalle.
Allora io mi volto, e in effetti vedo il mare, al di là di delle dune dietro di me. La schiuma bianca scandisce le onde blu che si accavallano, e sotto l’acqua trasparente, si lascia trasportare dalla corrente un branco di pesci luna. Sento un impulso di avere la conferma di quella visione.
- Sono pesci luna? – chiedo al soldato.
- Sì, sì, perché non vai a farti il bagno? Sono solo dieci metri…
Non dovevo rivolgergli la parola, eppure posso ancora resistergli rifiutando di muovermi. Tuttavia, il mio spirito di contraddizione è ormai compromesso. E quando mi alzo per andare, i soldati continuano a trattenermi con i loro discorsi inutili. Adesso sono costretta a dargli un po’ di conto, ma il mio sguardo è fisso al mare. E man mano mi sembra che ci siano sempre meno pesci.
Sicchè lascio tutti con malgarbo, e corro verso il mare.
Immergo le mani in un grande lavandino bianco, l’acqua rimasta lo riempie solo per due o tre dita. Il buco di scarico la risucchia rapidamente, e io non posso fermarlo, così come non riesco ad afferrare i pesci luna, che sono diventati così piccoli e scivolosi che finiscono dentro tutti.
So già la spiegazione di tutto questo. È il nuovo giorno che si è portato via il mare, i pesci e i cespugli verdi. Arriva ancora una volta la luce e il caldo.”

Ho visitato l’acquario di Genova sabato scorso. Quasi nessuno rimaneva affascinato dai pesci luna, e posso capirlo. Sembra un pesce mozzato, si muove lentissimamente e non è proprio un bello spettacolo, con il suo occhiaccio, la bocca spalancata, il naso e la pelle priva di squame e un po’ logora. Eppure era talmente suggestivo e sfigato che sono rimasta a fissarlo per un sacco di tempo. Ed è andato a finire nel mio sogno.

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