venerdì 14 marzo 2008

Monotavola

Oggi ho completato la mia tavola per MONO, la rivista antologica monotematica e monotavola della Tunué, curata da Sergio Algozzino e Marco Rizzo.
Questo sarà il quarto numero, con tema centrale il cibo.
Ancora non so bene quando sarà pubblicato, comunque le ultime voci dicono fra aprile e maggio.
Non avevo mai realizzato un fumetto in un'unica tavola, anzi, mi sembrava impossibile per una come me, incapace di essere sintetica. Invece!!! ho imparato... Il fumetto racconta di un sogno ricorrente che fa una ragazzina, ogni volta che le piace qualcuno. Sogna di baciarlo, quando improvvisamente la bocca le si riempie di cibo... Sgradevole, no?

mercoledì 12 marzo 2008

Segni del Bilbolbul

Sei ore e mezza prima della mia partenza per il Bilbolbul, ero andata a dormire insieme all’asse da stiro e il ferro ancora caldo, poggiati sul pavimento accanto al mio letto. Nonostante gli occhi affaticati e una gran stanchezza, ho iniziato ad ascoltare al buio gli scricchiolii del ferro da stiro che si raffreddava e a pensare che probabilmente il vestito stirato con tanta cura non lo avrei neppure indossato, a Bologna.

“Hai gli occhi rossi” mi ha detto Concetta della Tunuè. Ci siamo incontrate a Bologna verso le 11.30 per l’incontro internazionale “Il grande vuoto” e siamo riuscite a scambiare Paul Hornschemeier con Anders Nielsen. Durante l’incontro ho anche rivisto inaspettatamente Chiara Garaguglieri, mia solare collega allo stage di Montimages.
Più tardi, sono andata a pranzo a piazza Maggiore con Luana Vergari e Matteo Fenoglio, per discutere di un fumetto che uscirà per Futuro Anteriore, al Napoli Comicon. Avevo ancora con me la borsa (pesante), lo zaino (pesantissimo), il giubbotto (che perdeva le piume) e la mia sciarpa preferita (ingombrante).
Verso le 14 e qualcosa abbiamo finito di sfamarci e abbiamo incrociato altri personaggi, e Luca Genovese è rimasto un po’ con noi per il caffè. A quel punto ero davvero esausta, con dei serissimi problemi di connessione al mondo circostante. Luana, da persona sensibile quale è, mi ha chiesto se volevo posare lo zaino in Sala Borsa. Però, quando siamo arrivati all’ingresso della Sala, mi sono accorta che non avevo più la sciarpa con me.

SE QUALCUNO HA RITROVATO LA MIA SCIARPA, PER FAVORE, ME LO FACCIA SAPERE. É lunghissima, a strisce beige e nere, le avevo dato tanti soprannomi, tipo “sciarpa da combattimento” o “sciarpa delle api”, ma soprattutto era di ottima fattura e antica, perchè mia madre l’aveva comprato per sé negli anni 70. Ha un tessuto di lana, ma molto compatto e un po’ elastico, e nelle estremità sembra che sia stata tagliuzzata in striscioline lunghe e sottili.

Per la legge di compensazione, il mio sconforto si è annullato di colpo giusto un paio d’ore dopo, quando ho casualmente incontrato Igort. “Sarebbe stato bello avere un microfono in quel momento, per far sentire a tutti quello che ti stava dicendo” mi ha detto Giuseppe, a cui poi ho telefonato, raccontandogli i dettagli di quella conversazione.

Quello che mi raccomandano alcune persone che stimo (tra cui Igort) è di lavorare ancora molto sul disegno. Ormai ho un elenco di cose che vorrei fare per sperimentare e migliorare il mio segno, e sono giunta a parecchie riflessioni proprio durante il Bilbolbul, che dopotutto ho affrontato come un viaggio in solitaria. Naturalmente non sono mancati compagnia e incontri casuali, ma ho preso alloggio da sola (lontano da tutti i fumettisti) e spesso mi muovevo in assoluta indipendenza, così ho potuto pensare tantissimo.
È anche vero che gli spunti di riflessione abbondavano, ma da parte mia avevo la mente ricettiva come una spugna.
Sabato, ho osservato le “Cartoline” di Internazionale e le magnifiche tavole di Gianni De Luca e la sera sono stata all’inaugurazione della mostra di Marijpol. Già, il sabato sera non indossavo il vestito che avevo stirato la notte precedente, non sono riuscita a vedere “Paura del Nero” al cinema Lumiére e credo anche di aver fatto una gaffa con Lorenzo Paganelli (un altro incontro casuale). Però sono stata a passeggiare per le strade di Bologna, affollate da appassionati di fumetti, insieme a Chiara, Concetta ed Emanuele della Tunuè, Alberto Corradi e altri soggetti più o meno simpatici…
Ho passato la notte all’ostello San Sisto, in una camerata con altre cinque ragazze sconosciute, tra cui una catanese di nome Cinzia che ha riconosciuto le mie origini dopo che le avevo appena rivolto due o tre parole. Ogni volta che andavo e venivo dall’ostello alla fermata dell’autobus, ero felice di attraversare un grande prato con l’erba bagnata e le pozzanghere.

La domenica mattina avevo ancora gli occhi rossi, così per prima cosa sono andata a comprare del collirio alfa. Poi, sono stata a vedere tutte le mostre al Palazzo Accursio (Paul Hornschemeier, Kevin Huizenga, Anders Nielsen, Hok Tak Yeung, Chinoi Lee, Oliver Schrauwen) e dopo mi sono diretta alla mostra di Stefano Ricci, la cui opera conoscevo ma non avevo mai visto dal vivo. Questa è stata la mostra che mi ha emozionato di più: di fronte ai suoi disegni attaccati alle pareti con i chiodi, così vicini e reali, con tutto quel bianco e nero graffiato e incollato, ho sentito i miei occhi - che non avevano pace - inumidirsi. L’ultima esposizione che ho visto è stata quella di Gabriella Giandelli, tanto di cappello anche a lei.
Ho pranzato con Emanuele e Concetta, e abbiamo visto insieme un pezzettino della presentazione del libro “Luigi Tenco” di Luca Vanzella e Luca Genovese. Dopo, siamo andati in sala Borsa perché alle 15.30 avevo le dedicaces.
È stato bellissimo. Ero circondata da autori di fama internazionale, e non potevo neppure stare lì a sbavare davanti a loro perché nel frattempo dovevo assumere un aspetto dignitoso davanti al mio pubblico, formato per la maggior parte da bambine sotto i 10 anni accompagnate dai genitori. Ad un certo punto, mi sono trovata a condividere uno spazio di pochi metri quadrati insieme a David B., Stefano Ricci, Francesco Mattioli, Gabriella Giandelli, Roberto Diso…
Alla fine, durante tutte le mie visite alla sala Borsa, sono riuscita almeno a fotografare le teste senza le facce di alcuni autori, ecco Lorenzo Mattotti, Andrea Accardi e Stefano Ricci.
Alle 18 ho ascoltato l’interessante incontro “Disegnare internazionale”, con Gabriella Giandelli, Francesca Ghermandi e Stefano Ricci, verso i quali ho provato un sentimento di grande rispetto. Aggiungo - anche se è riduttivo - che la Giandelli mi è sembrata molto intelligente e che Stefano Ricci, quando ha fatto l’imitazione del coniglio, l’ho trovato quasi spassoso.
Ho rincontrato Chiara ancora una volta, e siamo andate insieme ad Alberto Corradi e Viola dello staff organizzativo del Bilbolbul all’Aemilia Hotel per le ultime pubbliche relazioni… Altri incontri inaspettati, in particolare con Giovanni Mattioli: ho parlato così tanto con lui da perdere di vista gli altri ragazzi. Giovanni mi ha presentato Stefano Ricci, a cui ho fatto i complimenti, raccontandogli perfino che alla galleria volevo comprare uno dei suoi disegni (sarebbe stato un regalo bellissimo per Giuseppe, ma il prezzo era fuori dalla mia portata).
Da lì a poco, non trovando più da nessuna parte Chiara, Alberto e Viola, sono giunta alla conclusione che mi avevano ripudiata: ecco, a volte mi convinco di essere una rottura di scatole per gli altri, così ho salutato tutti e me ne sono andata, dirigendomi all’ostello.
Dopo una mezz’oretta, Chiara mi ha telefonato: erano ancora all’Hotel (non mi avevano abbandonata!) e mi stavano cercando. Ho aspettato l’autobus per un’ora, così imparo a farmi le paranoie.

Lunedì mattina, prima di tornare ad Acqui Terme dalle braccia di Giuseppe, sono passata da Milano. Sto valutando un’offerta di stage da quelle parti ai fini del corso di “Tecnico per la produzione grafica su internet”, così ho avuto un colloquio con un’azienda che potrebbe fare al caso mio. Nel lungo periodo, conto di trasferirmi a Pavia o a Milano con Giuseppe, ma mi chiedo se sia la scelta giusta…
Il colloquio è finito prestissimo e verso le 13 ero alla stazione centrale di Milano per ritornare ad Acqui Terme. Mentre salivo le scale, ho incrociato Gabriella Giandelli, con il sacchetto arancione del Bilbolbul (ce l’avevo anch’io, nella borsa).
È un segno?

martedì 4 marzo 2008

La staffetta


…Di ritorno da Mantova Fumetti, durante le mie quattro ore sui treni della domenica sera, ho letto un bellissimo fumetto, “Little Star” di Andi Watson. Quando finalmente sono arrivata ad Acqui Terme, mi sono ricordata della scena della “staffetta” fra i personaggi di Watson, pensando “In effetti anche io e Giuseppe sembra che stiamo per scambiarci il testimone…”. Ieri pomeriggio mi sono affacciata dal balcone, sventolando la manina per salutarlo: ci rivedremo tra una settimana.
Il nostro testimone non è un figlio, naturalmente, ma solo un po’ di tristezza dovuta alla solitudine e qualche faccenda di casa da sbrigare.

Durante il mio soggiorno a Mantova mi hanno chiesto più di una volta “Come mai il tuo fidanzato non ti segue alle fiere di fumetto?”… Da qualche tempo, in effetti, non l’ho più avuto al mio fianco, e insieme abbiamo previsto nel futuro solo la fiera del libro di Torino. Io rispondo prontamente che mi seguiva in passato, ma in questo periodo, tra liceo classico e dottorato, è veramente troppo impegnato. Invece, devo considerare le mie mancanze. Io non sono MAI andata a vedere cosa fa all’università o a scuola, e sento che dovrei farlo.

Ieri sera mi sono preparata un tortino di sfoglia con prosciutto crudo, mozzarella, pomodorini e grana, e l’ho mangiato anche oggi a pranzo, accompagnato dall’ananas. Stasera ho mangiato solo dei fonzies. Devo ancora lavare una montagna di vestiti sporchi e finire la monotavola per la rivista Mono.
Il resto della giornata? Sono stata al corso di “Tecnico per la produzione grafica su internet”, e sono riuscita a chiaccherare un po’ (troppo?) con i miei compagni di corso, la cui riservatezza mi dà sempre da riflettere. Ho iniziato delle lezioni di francese con un’insegnante madrelingua di nome Françoise e ne sono stata davvero felice. Ho camminato moltissimo, e ho visto dei quartieri di Acqui Terme che non conoscevo. Per vaporizzare i miei capelli, ho comprato un phon con il diffusore e c’è pure il comando dell’aria fredda:
- E a che serve?- sulle prime, ho pensato a “rinfrescare il viso”.
- A fissare la piega più a lungo – mi ha spiegato la commessa gentilmente, anche se dicono che i piemontesi sono “falsi e cortesi”: può darsi che abbia pensato che fossi un’ignorante a non conoscere queste cose da donna.

Per scacciare la tristezza, cerco di ripensare a Mantova. Ho fatto un bel numero di dediche disegnate, e questa volta mi hanno fatto anche delle richieste specifiche!!! Una coppia mi ha chiesto un disegnino in cui ci fosse in qualche modo un gatto, e la mia sfortuna è stata quella di esporre il disegno dopo averlo terminato: un altro lettore mi ha chiesto la stessa cosa. Poi, un altro signore ha comprato il libro, se l’è letto e poi mi ha chiesto un disegno ancora più impegnativo, ma è stato bello disegnare un bacio, non lo facevo da mesi.
Ho parlato con diversi personaggi che non conoscevo, tra cui Angelo Stano, Giampiero Cuccolini, Michele Foschini, Luca Genovese, e ho rincontrato tante persone, tra cui Lorenzo Paganelli, Andrea Accardi e un po’ di amicucci siciliani, tra cui Roberto Di Salvo, che ormai è diventato così bravo che i suoi disegni mi fanno commuovere. Sono perfino andata da qualcuno a chiedergli se si ricordasse di me. Ho iniziato a vedere delle personalità dietro figure del settore dei fumetti come autori ed editori.
Un aspetto davvero piacevole del mio soggiorno è stato il fatto che ho avuto l’opportunità di fare un paio di uscite in giro per Mantova, e mi sono proprio divertita. Ricordo la pizza e il riso che ho mangiato, con la carne di salamella. Ricordo un cameriere che ha minacciato di botte uno dei ragazzi-fumettisti al mio tavolo, perché con una faccia da maniaco aveva chiesto ad una cameriera di farle da modella. Ricordo le partite da cinquanta centesimi al calcetto balilla a fianco di Emanuele e Concetta, i ragazzi della Tunuè. Ricordo le discussioni sulla ragazza cosplayer vestita da Valentina di Hugo Pratt.

…Questo weekend sarò al Bilbolbul di Bologna, tornerò ad Acqui Terme lunedì pomeriggio.
Vado a prepararmi un pasto decente.

Il maledetto abbigliamento

b/n - cm. 21 x 29,7 - pp. 8

pubblicato su:
- “Mondo Naif – Speciale 10 anni di Kappa Edizioni” novembre 2006
- “Zero Fumetto International” allegato a Zero2 n° 207 del 1/07/2006

“L’abito non fa il monaco”, eppure a volte i vestiti rispecchiano in qualche modo la personalità dell’individuo che li indossa, oppure influenzano il suo stato d’animo o ancora, lo aiutano ad ottenere dei risultati... Fino a chidersi se sia il caso di liberarsene completamente.






giovedì 28 febbraio 2008

Era la pacchia

Lo sapevo che non poteva durare a lungo il tempo a disposizione in quantità industriale, per scrivere e disegnare con tutta la calma del mondo… Sono tornate le ansie, la stanchezza per non si sa bene cosa, il timore di non essere all’altezza della situazione, la fretta, il bisogno di mangiare patatine per combattere lo stress e le borse sotto gli occhi che bruciano dalla mattina e alla sera.
A parte tutti gli impegni di lavoro e formazione ad Acqui Terme (sto frequentando un ottimo corso di Tecnico di Produzione Grafica su Internet ), lo scorso week-end ho partecipato con la Tunuè al Fumettopoli di Milano. Avrei voluto raccontare e disegnare qualcosa su un paio di vicende simpatiche che mi sono capitate da quelle parti, ma non ce l’ho fatta a completare nulla… L’unica cosa che posso riportare è questa illustrazione di Inchiostro di Jack realizzata per l'albetto del salone, che poi in realtà era per la maggior parte un catalogo della Tunuè. Domani parto per Mantova Comics & Games e la settimana prossima se va tutto bene vado al Bilbolbul di Bologna. Tornerò a Catania per le vacanze di Pasqua, ma il mio calendario è già stato scarabocchiato fino a maggio…
Da due giorni, la notte mi viene l’arsura (mia madre dice che forse mangio troppo salato, saranno le patatine?) e mi sa che ho addosso una leggera influenza, quella da sbalzo di temperatura… Nonostante tutto ieri sera io e Giuseppe abbiamo organizzato a casa nostra una cena tipicamente siciliana in quasi tutte le sue parti, e abbiamo invitato tre amicucci di Alessandria…I piatti siciliani erano la supercatanese pasta alla Norma (da La Norma di Vincenzo Bellini, nato a Catania) e l’insalata di arance… Io skiappa della cucina amo solo effettuare le operazioni puramente tecniche su alcuni ingredienti, come quelle di sbucciare, tagliare e friggere le melanzane o denocciolare le olive. Giuseppe è la mente, ha una buona attitudine alla creazione sui fornelli e dialoga con gli ingredienti ad alta voce.Ho avuto l’impressione che il tempo sia trascorso in un lampo, avrei voluto trattenere ancora i nostri ospiti per continuare a parlare, ma se ne sono andati alle 23.30… è scandaloso, se ripenso alle cenette a Catania, dove si programmava in base a “la prima serata”, “la seconda serata” e perlomeno “la terza serata”, dopo cena si guardava un film e poi iniziava il delirio degli amici che non volevano abbandonare il padrone di casa, e le volte in cui capitava che gli dicessero: “Tu vai pure a letto, noi ce ne andiamo tra un’oretta…”.

Il fatto che mantengo questi pensieri significa che dopotutto forse non sono ancora uno straccio, anzi… voglio cucinare per gli altri, lavare i piatti il giorno dopo, scrivere un altro post sul blog e prendere il treno delle 6.20 per Mantova, domani mattina…

lunedì 18 febbraio 2008

Impossibile da disegnare

…Come dicevo qualche giorno fa, avrei voluto disegnare il personaggio di Mercedes de “Il labirinto del fauno”… Neanche il tempo di averci pensato, che Giuseppe ha prestato il dvd ad un suo amico ed io sono rimasta senza la materia prima. E così, ho optato per un tentativo che mi sembrava molto più ambizioso… ritrarre il personaggio di Bartolomeo Vanzetti del film “Sacco e Vanzetti”, interpretato dal grandissimo Gian Maria Volontè.
Il risultato finale non mi esalta, però mi ha emozionato disegnare uno dei miei attori preferiti… Se avessi potuto scegliere, lo avrei ritratto nell’immagine di una delle sue interpretazioni che amo di più, il personaggio dell’Indio ne “Qualche dollaro in più”, di Sergio Leone…
Impossibile da disegnare, mi dico, ma tentare di impressionare quegli occhi fiammeggianti è sì entusiasmante…

sabato 16 febbraio 2008

Il 15 febbraio

Il 15 febbraio è il giorno del mio compleanno e ieri ho compiuto ben 29 anni…
È stata una giornata carina…
A colazione, Giuseppy mi ha regalato una borsa nera e una sciarpa equo-solidali e soprattutto il libro “Il giapponese a fumetti”, che mi è sembrato simpaticissimo.
Dopo un paio d’ore di varie attività dedicate al restauro e alla purificazione del corpo (come il bagno e la piedi-cure), finalmente sono uscita per un giretto a sbrigare alcune commissioni (tra cui portare a riparare i tacchi del mio unico paio di scarpe con i tacchi). Ho pranzato da sola ingozzandomi con due piadine preparate in casa (la seconda me la sono fatta solo per non buttare gli ingredienti, vicini alla data di scadenza) e durante tutta la giornata ho sentito un po’di persone...
Io e Giuseppe abbiamo cenato nella più antica e si dice migliore pizzeria di Acqui Terme e mentre tornavamo a casa le mie gambe molli molli mi annunciavano che sarei andata a dormire alle dieci. Invece, Giuseppe ha messo su “Il labirinto del fauno” di Guillermo Del Toro ed è finita che sono rimasta sul divano assieme a lui a vedermelo tutto quanto, per la quarta volta. Bellissimo questo film… splendidi gli attori, mi piacciono tutti i personaggi, soprattutto Mercedes (ricordo la frase che dice al capitano “Non sarai il primo porco che sgozzo!”), vorrei disegnarla…
Verso lo scoccare della mezzanotte, la mia giornata di compleanno veniva inondata dalle lacrime…

giovedì 14 febbraio 2008

Una notte...

Qualche giorno fa, mentre ragionavo su come completare il soggetto di PROSPETTIVE, ho avuto un blocco. In effetti, la storia è ambientata a Catania e questo spiega la mia insoddisfatta necessità di recarmi di persona in certi luoghi che ho cercato di descrivere. Il concetto di blocco per me consiste nell’elaborare un’idea al minuto per circa un paio d’ore, ruotandoci attorno e camminandoci sopra, fino ad abbracciarla nella mia mente e poi distruggerla come una cosa inutile. Insomma, mi stava fondendo il cervello e probabilmente non stavo creando nulla, così mi sono fermata.

A questo punto, ho preso sulle ginocchia il secondo fumetto a cui sto lavorando, CITY CLIMBERS. Questo è il soggetto:

Cartesia, la nuova Catania del 2219, è racchiusa da una cupola protettiva e isolante. Quando le sue luci si spengono tutti vanno a dormire, ma un gruppo segreto di sedicenni nottambuli infrange questa regola. Grazie ad una speciale attrezzatura, i City Climbers si divertono ad arrampicarsi tra i palazzi della metropoli, cercando di proiettarsi all’esterno. Tra loro, Fra è rimasta l’unica a cercare il leggendario Mare. Ed ora, degli esseri misteriosi lo vogliono impedire…

Come INCHIOSTRO DI JACK, anche CITY CLIMBERS è un fumetto dalle origini che risalgono a parecchi anni fa, e precisamente al 1999. In quel periodo, ero così tenera… Disegnavo da cani, eppure mi mettevo in testa di partecipare a strafighissimi concorsi di fumetto internazionali. E così ideai il soggetto della storia. Nel corso del 2000, poi, ho scritto e disegnato tutto lo storyboard, con una suddivisione in 15 capitoli e un totale di 328 tavole a fumetti. Ahhh… è stato bellissimo.
…tralasciando tutto il resto del lavoro che ho fatto con CITY CLIMBERS e il fatto che al momento non ha nessuna speranza di essere pubblicato in Italia, sto facendo un esperimento… Ho ripreso lo storyboard e sto verificando se è possibile ridurre il numero di tavole a 216.
Per chi mi dice che sto solo perdendo tempo con un fumetto senza speranze, ho sempre la possibilità di rispondere che me lo dicevano anche per INCHIOSTRO DI JACK. A volte il mercato dei fumetti si trasforma improvvisamente, e nascono delle nuove opportunità.

La mia eroina si chiama Fra e soffre d’insonnia. È curioso quello che viene in mente di fare la notte mentre si pensa che tutti gli altri stanno dormendo.
Per esempio, visto che non riuscivo a dormire, mi sono alzata alle 5 e ho iniziato a girare per la casa. Così ho sentito un rumore di goccia d’acqua e mi sono diretta al bagno per fare un’azione che di solito mi dà grande soddisfazione: chiudere meglio il rubinetto. Ma non veniva da lì, sembrava invece lo scarico del water. Delusa, mi sono diretta nel salottino, ho acceso il computer e iniziato a scrivere questo post. Ricordo che prima, a letto, mentre fissavo il buio, cercavo di concentrarmi su tutti i piccoli rumori notturni e immaginavo che uno sconosciuto stesse camminando in punta di piedi dentro casa: sentendo Giuseppe russare, avrebbe aperto la porta della stanza da letto per intravedere la situazione, io avrei scorto la sua sagoma e avrei urlato. E come avrei urlato? Con una frase dalle parole ben riconoscibili (ad esempio: “Aiuto! È entrato qualcuno in casa!”) o un semplice grido acuto (tipo: “Aaaaaah!!!” o “Iiiiiiihhhh!”), più da donnetta indifesa ma forse maggiormente efficace?... Dopo qualche minuto, mi sono disinteressata a questa idea. Poco fa ho riletto qualche pagina di Ana di Gabriel e Francisco Solano Lopez.
Sento in lontananza la sveglia delle 6.30 di Giuseppe.
Tra quindici minuti inizierò a fare colazione.

lunedì 11 febbraio 2008

The Oyster and The Flying Fish

bicromia - cm 21 X 29,7 - 3pp
L’insoddisfazione generata dal desiderio di avere quello che non si ha o di essere ciò che non si è, si annida perfino in un’ostrica, costretta a trascorrere tutta la vita rinchiusa dentro la propria conchiglia. Quello che desidererebbe è trasformarsi in un pesce volante…















































sabato 9 febbraio 2008

Studiamo…

Sto lavorando ad un nuovo fumetto, niente di cui ancora valga la pena parlare… Dico però che per documentarmi ho letto “Cronaca di una morte annunciata” di Gabriel Garcia Marquez e ho tra le mani un saggio sulla “Storia della morte in occidente”.

Oggi pomeriggio, durante un pisolino pomeridiano ho sognato che mi trovavo su un lentissimo treno con mia madre, e passavamo attraverso un motel, e poi davanti al bancone di un bar che serviva la colazione. Il banconista era un vecchietto di 90 anni in divisa, col cappellino rosso.
- Croissant? – ci chiedeva con gentilezza.
- Mi spiace, il treno non si ferma…
Mentre il treno entrava dentro un complesso condominiale, mi è suonata la sveglia.
Ah, questi sogni c
he mi ricordano Angoulême!...

Mi sono alzata e ho fatto un paio di studi per il nuovo fumetto il cui titolo provvisorio è PROSPETTIVE. Per la protagonista, fisicamente, mi sto ispirando a due mie amiche catanesi, Maria Francesca e Giovanna. Per questi disegni (approfitto anche per sperimentare un nuovo stile…), mi sono ispirata a Giovanna. Un grazie a tutte e due, che si sono dimostrate disponibili!

giovedì 7 febbraio 2008

Inchiostro di Jack

b/n - cm. 17 x 24 - pp. 104
pubblicato da Tunué, ottobre 2007

A Catania, in due universi paralleli e opposti, si dipanano le vite di un ragazzo e di una ragazza – Gene e Gaia – e i loro rapporti con l’altro sesso, di fronte alle relazioni familiari, al percorso di studi e al desiderio di crescita e d’indipendenza. In ciascun universo, il protagonista vive l’esistenza dell’altro come se questi fosse solo un sogno, sintomo di schizofrenia per la solitudine o il senso di colpa, chiedendosi quale dei due sia la vera illusione. Inchiostro di Jack sorprende per la maturità e la ricerca della struttura narrativa, in bilico tra introspezioni psicologiche e fantasie sentimentali.


































Il deserto e i pesci luna


Quando vivevo a Catania, se la notte avevo sognato qualcosa di interessante, innanzitutto lo raccontavo a mia madre durante la colazione: era il mio modo per imprimere il ricordo nella mia testa, trasformandolo magari in una storia. Da quando sono ad Acqui Terme, quello di ieri è stato il primo sogno attraente di cui mi sono ricordata, e riordino qui di seguito quanto ne ho scritto di prima mattina. Non l’ho ancora raccontato a nessuno.

“Mi trovo in mezzo al deserto, circondata dalla finissima sabbia color giallo paglierino. La sento sui piedi, sollevata leggermente da un debole venticello.
Il mio aspetto è quello di Tulip, la ragazza del protagonista di Preacher, Jesse, forse anche la mia personalità è diversa… Sono molto arrabbiata.
Accanto a me c’è il mio compagno, che non è per niente il mio tipo: non solo perché è troppo muscoloso, al limite dell’ipertrofico, ma per via della sua capigliatura – capelli neri cortissimi ma alti sul capo - e della sua giacchetta smanicata con taschini, cerniere, bottoni e laccetti. Sembra un militare con un non so che di nazista.
Durante il giorno c’è un caldo infernale, ma la cosa più inquietante è l’atmosfera di abbandono e morte dentro il quale ci troviamo. Attorno a noi, il confine è segnato da flyers, dune buggy e macchine motorizzate simili a quelle che ho visto guidare in Nathan Never nel deserto dei centozampe o in Mad Max. Sono tutti delle specie di giocattoli giganti, vecchi di anni e un po’ arrugginiti, e vi sono rimasti impigliati dei piccoli arbusti. Non ci è dato di andarcene ma possiamo sopravvivere.
Quand’ecco che cala la notte, e a me tocca il turno di guardia. Sto accovacciata tra dei cespugli di un bel colore verde, che spuntano nel deserto solo al calar del sole, ed improvvisamente arriva un’imboscata di scocciatori. Anche loro indossano dei vestiti da militari, ma sono delle caricature di soldati disordinati, hanno tutti ma sono tutti dei cinquantenni con la barba lunga e incolta e aspetto
Il loro scopo non è attaccarci, ma condizionare i nostri pensieri. Parlano, parlano, parlano, con i loro modi da zotici e le argomentazioni futili. Io sono ostile, non li ascolto.
- …e poi, laggiù c’è il mare. – dice uno di loro, indicando alle mie spalle.
Allora io mi volto, e in effetti vedo il mare, al di là di delle dune dietro di me. La schiuma bianca scandisce le onde blu che si accavallano, e sotto l’acqua trasparente, si lascia trasportare dalla corrente un branco di pesci luna. Sento un impulso di avere la conferma di quella visione.
- Sono pesci luna? – chiedo al soldato.
- Sì, sì, perché non vai a farti il bagno? Sono solo dieci metri…
Non dovevo rivolgergli la parola, eppure posso ancora resistergli rifiutando di muovermi. Tuttavia, il mio spirito di contraddizione è ormai compromesso. E quando mi alzo per andare, i soldati continuano a trattenermi con i loro discorsi inutili. Adesso sono costretta a dargli un po’ di conto, ma il mio sguardo è fisso al mare. E man mano mi sembra che ci siano sempre meno pesci.
Sicchè lascio tutti con malgarbo, e corro verso il mare.
Immergo le mani in un grande lavandino bianco, l’acqua rimasta lo riempie solo per due o tre dita. Il buco di scarico la risucchia rapidamente, e io non posso fermarlo, così come non riesco ad afferrare i pesci luna, che sono diventati così piccoli e scivolosi che finiscono dentro tutti.
So già la spiegazione di tutto questo. È il nuovo giorno che si è portato via il mare, i pesci e i cespugli verdi. Arriva ancora una volta la luce e il caldo.”

Ho visitato l’acquario di Genova sabato scorso. Quasi nessuno rimaneva affascinato dai pesci luna, e posso capirlo. Sembra un pesce mozzato, si muove lentissimamente e non è proprio un bello spettacolo, con il suo occhiaccio, la bocca spalancata, il naso e la pelle priva di squame e un po’ logora. Eppure era talmente suggestivo e sfigato che sono rimasta a fissarlo per un sacco di tempo. Ed è andato a finire nel mio sogno.